Sento di poter spendere una parola, se mi è concesso, sul “Contratto del Cambiamento” – il patto di Governo tra Lega e Movimento 5 Stelle – che sarà votato dagli iscritti dei rispettivi partiti politici durante il weekend alle porte, pubblicato oggi sui maggiori quotidiani Nazionali.
Ne ho letto per intero il contenuto, con curiosità ed interesse, possibilmente senza censure preventive, nonostante – com’è noto – l’estrazione politica di entrambi i contraenti mi risulti completamente estranea. Il risultato è stato nel complesso utile, per l’onestà che mi pare poter riconoscere nelle buone intenzioni alla base del documento, che certamente non è interamente da gettare nel cestino ( come alcuni commentatori sulla stampa sembrano suggerire, quasi con una punta di malcelata stizza ).
Si tratta, tuttavia, di un documento dai contorni molto “elastici”, quasi labili ed evanescenti, appositamente studiato in previsione di un’azione di Governo che si prevede tutt’altro che facile, tanto da avere previsto un organismo di “conciliazione” esterno al Consiglio dei Ministri. Prova eloquente di quanto affermo è lo stesso preambolo, dove chiaramente si precisa – a pagina 8 – “… che il presente contratto nulla implica rispetto all’azione politica dei contraenti nelle amministrazioni territoriali già in essere “. Dunque, parrebbe di capire che Lega e 5Stelle, insieme a Palazzo Chigi, vogliano comunque tenere le mani libere per alleanze e competizioni elettorali a carattere locale, che potrebbero vederli su fronti opposti.
Se tale principio si applicasse anche al Parlamento Europeo, massima espressione – appunto – delle summenzionate amministrazioni territoriali, si potrebbe essere indotti a pensare ad una sorta di “strabismo”, che vedrebbe alleati Di Maio e Salvini in un Paese membro ma su fronti opposti nell’aula di Strasburgo ( la Lega nel “Gruppo Europa delle Nazioni” che conta in tutto 36 Parlamentari ed i 5Stelle nel Gruppo “ Democrazia diretta “, che ne conta 45 – fonte sito EuroParlamento ).
Quand’anche entrambe le forze parlamentari si determinassero ad un’azione sistematica di cooperazione – che sarebbe tutta da verificare, poiché nei gruppi citati non siedono solo Italiani – potrebbero contare in tutto su 81 Parlamentari su 751, vale a dire una forza pari a poco più del 10% del totale. Mi sembra francamente un po’ poco per pensare di poter tradurre in concreto la gran parte dei principi enunciati nel documento – alcuni condivisibili ed altri molto meno, soprattutto in argomento finanziario per l’avventatezza nel voler rivedere parametri ed organismi sovra-Nazionali, come Basilea, a tutela del risparmio e della stabilità del sistema Bancario – quasi si trattasse di argomenti ritenuti già in partenza inattuabili. A meno che le elezioni Europee del prossimo anno siano ancora più 'dirompenti' del 4 Marzo scorso e si confidi in una maggioranza schiacciante, che tuttavia sarebbe anch'essa da verificare poichè al risultato non concorrerebbe solo l'Italia ma i restanti 26 Stati membri dell'Unione.
Pure dichiarazioni d’intenti, come il voler ridiscutere i Trattati dell’Unione in materia di Agricoltura per “difendere la sovranità alimentare dell'Italia e tutelare le eccellenze del Made in Italy.”: chi non sarebbe d’accordo?! Oppure il voler rivedere il Trattato di Dublino ( che se non erro firmò proprio un Leghista ) o il pretendere di imporre una supremazia identitaria contro l’Asse “Franco-Tedesco”, che si basa su solide ragioni finanziarie, per il solo fatto di dimostrarsi tifosi di Putin e Orban.
Poche e generiche anche le indicazioni sulle Riforme Istituzionali, che pure hanno costituito larga parte del contenzioso politico della Seconda Repubblica, se non in funzione della riduzione del numero dei Parlamentari, degli sprechi e dei vitalizi o dell'introduzione di forme di 'democrazia diretta'. Si tace, ad esempio, su cosa eventualmente voler fare di un impianto Parlamentare ormai desueto e se si intenda o meno orientarsi su riforme di carattere maggiormente 'Presidenzialista' o su leggi elettorali capaci di garantire maggioranze stabili e possibilmente durature.
Insomma, lascia davvero perplessi che un simile documento possa essere portato all’attenzione del Quirinale senza destare motivate obiezioni, quand’anche – lo ripeto – prevalessero, come sono convinto sia accaduto, le buone intenzioni e la volontà di mettere mano convintamente alla lotta alla corruzione, agli sprechi, ai conflitti di interesse, al sostegno alle famiglie ed alla disabilità. Tutti argomenti che mi trovano assolutamente concorde, ma che non mi hanno convinto – poiché di tali informazioni non sembra esservi traccia approfondita – circa la sostenibilità finanziaria se tradotti in atti concreti di Governo.
Infine, una grave omissione – almeno, ai miei occhi – per un partito che in campagna elettorale ha giurato in piazza con Vangelo e Rosario: il recupero della identità Cristiana dell’Europa ( e dell’Italia ), che avrebbe potuto trovare pari dignità rispetto – ad esempio – ai pur importantissimi temi dell’acqua pubblica, della defiscalizzazione per le imprese, della Scuola e dell’Università. Uno strano modo di cercare il “compromesso”, certamente più facile nel nascondimento che nella difesa coraggiosa di principi e valori che sembrano fare comodo più in campagna elettorale che nelle stanze dorate di Palazzo Chigi.
Auguro il meglio a questo tentativo di riforma di un Paese drammaticamente malato, avvitato su se stesso per colpe diffuse dalle quali nessuno è escluso e che sarebbe troppo facile ( ed intellettualmente scorretto ) attribuire unicamente al passato. Chi vivrà, vedrà.