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Raccontare il pensiero di uno dei più grandi poeti e filosofi italiani alla propria figlia appena adolescente, senza concedere nulla alla tentazione di smussarne la durezza, levigarne gli spigoli, ma accettandone lo scandalo, dirompente due secoli fa esattamente come oggi. 'Attraverso la siepe - Giacomo Leopardi si racconta a mia figlia' è il libro del giornalista modenese Gianpaolo Annese, uscito da poche settimane edito da Etabeta. Un volume nel quale Annese veste i panni del poeta di Recanati e, parlando in prima persona, trasmette alla figlia la sua visione del mondo.
Nessun tentativo di leggere l'attualità attraversa le lenti dell'autore dell'Infinito, perché quella visione eterna donata da Leopardi non ha bisogno di essere contestualizzata, perché le domande di Senso millenarie che scuotono l'animo umano valgono da sempre e non cambiano davanti ai mutevoli fatti della Storia o davanti alle rivoluzioni tecnologiche.
Un Senso che Leopardi legge attraverso le lenti di una Natura che sparge dolore a larga mano e che ammette false tregue solo nella speranza eternamente disillusa nel futuro o nel fallace sollievo per uno scampato pericolo. Ed è proprio questo pessimismo cosmico che Annese guarda in faccia rifuggendo ad ogni rilettura 'dolce' di Leopardi, più digeribile, addomesticata dalla necessità di un lieto fine a tutti i costi. 'Guardare in faccia l'annientamento nobilita la disperazione' - fa dire l'autore al Poeta che nemmeno nella Social catena vede una vera riscossa, ma solo una presa d'atto collettiva della realtà. Per dirla con il Toni Servillo della Grande Bellezza: 'Siamo tutti sull'orlo della disperazione, non abbiamo altro rimedio che guardarci in faccia, farci compagnia, pigliarci un poco in giro... O no?'
Così, una delle chiavi di lettura di questo coraggioso 'saggio' sta nell'inscalfibile desiderio dell'autore di consegnare il messaggio devastante di Leopardi senza timore agli adolescenti, o meglio a Fabrizia, all'adolescente che egli senza dubbio ama di più, correndo il rischio di spegnere entusiasmi ma, forse, con la convinzione, di regalare loro un pezzo di verità. Una verità che scandalizza e di fronte alla quale cerchiamo appigli giustificatori, di fronte alla quale ricorriamo alla banalità della solitudine, della malattia e della deformità del Poeta per cercare di non fare i conti con un messaggio che toglie il respiro. Per fingere che non ci appartenga e che tutto proceda bene nelle nostre timide certezze.
Ma è una verità con la quale prima o poi, nonostante le maschere, le protezioni, i muri, le auto di lusso, le vacanze o il lavoro, prima o poi tutti si scontrano. Prima o poi, per essere evangelici, si cade da cavallo. E allora, sembra dire Annese, tanto vale fare allenamento, prepararsi, essere consapevoli che forse è meglio scendere da cavallo (proprio quello tanto amato da Fabrizia) che piombare a terra impreparati. Sapendo che 'l'unica consolazione a questa inevitabile infelicità è concentrarsi sul bello, sugli affetti, sulla immaginazione e sulle illusioni'.
E la figlia come reagisce a questa valanga di realtà, a un apparir del vero che travolge e lascia sgomenti, proprio come si resta davanti all'Infinito che solo si può immaginare?
'Ti sto deprimendo eh?' - chiede Annese alla figlia Fabrizia in apertura di libro, quasi a scusarsi di quanto scriverà.
'No no, anzi - risponde Fabrizia - Questi discorsi dovrebbero mettermi malinconia, invece... Invece mi sento bene, mi sollevano...' E, forse (parola così importante in questo libro), possono sollevare con lei anche tanti suoi coetanei.
Giuseppe Leonelli
Redazione Pressa
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