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La protesta e il dissenso se pacifici, sono sempre legittimi. Un principio che deve valere anche durante la pandemia, al di là di come la si pensi sul Green Pass e sulle scelte strategiche adottate durante la campagna vaccinale. Detto questo, anzi proprio per questo, è grave quando le persone scendono in piazza ufficialmente per un obiettivo, mentre nei fatti quel malcontento viene incanalato in modo silenzioso su binari diversi che nulla hanno a che vedere con le intenzioni dichiarate.
Questo si è materializzato a Modena negli ultimi giorni. La protesta che da settimane occupa la piazza del centro, ingiustamente criminalizzata pure dalle associazioni di categoria quando non aveva nulla di pericoloso, ha subito un cambio di rotta che l'ha snaturata. Una metamorfosi evidente.
Ieri al Novi Sad la testimonianza drammatica e commovente della mamma di Giulia Lucenti che merita rispetto e silenzio, è stata anticipata e seguita da interventi decisamente stonati rispetto al dramma e ai quesiti posti da quella madre.
Parole che non rispecchiavano affatto le motivazioni che in origine hanno spinto una buona fetta dei presenti a dedicare il proprio sabato pomeriggio a un evento collettivo. Una piazza che ieri è stata numericamente meno rappresentativa, dalla quale una parte del nucleo originario si è staccato prendendone le distanze.
Ieri si è assistito nell'ordine al comizio di Angelo Di Stefano, del coordinamento partite Iva (presentato come referente di Io Apro), al discorso di una insegnante, Federica Francesconi, durante il quale è stato citato il poeta Ezra Pound, ispiratore del movimento di estrema destra CasaPound, e alle parole di un esponente politico, salutato come rappresentante del partito comunista italiano, ma con una storia che si intreccia tra Forza Nuova e Lega.
L'impressione avuta ieri è quella di una incapacità a raffigurare in modo coerente le istanze di chi - a torto o ragione - contesta il Green Pass.
In particolare dal referente delle Partita Iva sono giunte parole davvero di difficile interpretazione tra slogan vuoti e vecchi e addirittura inviti rivolti agli imprenditori, più o meno espliciti, a non andare a votare, una visione di parte intrecciata alla scarsa attinenza rispetto al tema. Insomma un intervento fuori contesto così come quello della insegnante. Ovvietà gridate da un palco che squalificano un problema, quello del Green Pass, che tanti percepiscono come reale e che non c'entra nulla con le appartenenze politiche o con slogan qualunquisti.
Rappresentazioni come quella di ieri, piazze autoreferenziali e scollegate dalle intenzioni dichiarate, populiste ancor prima che di parte, forse gratificano i pochi presenti, ma ottengono un doppio effetto negativo. Da un lato non danno voce a coloro che contestano una norma senza ideologie sottese e che quindi sono sempre meno rappresentati, dall'altro non fanno altro che dare linfa a chi - sbagliando - sta cercando di limitare la possibilità di critica nel Paese.
Cinzia Franchini
Redazione Pressa
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