Da anni Lapressa.it offre una informazione libera e indipendente ai suoi lettori senza nessun tipo di contributo pubblico. La pubblicità dei privati copre parte dei costi, ma non è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge, e ci segue, di darci, se crede, un contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di
modenesi ed emiliano-romagnoli che ci leggono quotidianamente, è fondamentale.
La tratta di essere umani e di donne clandestine fatte arrivare in Italia con la promessa di un lavoro ma obbligate alla prostituzione da bande criminali nigeriane o albanesi continua da almeno 20 anni. Da quando, eravamo ancora nel secolo scorso, venne per la prima volta applicato , proprio per fatti legati allo sfruttamento della prostituzione che a Modena avevano visto segregate, durante il giorno, donne obbligate al marciapiede la notte, il reato di riduzione in schiavitù.
Dalla Nigeria all’Italia, da Benin City ai viali di Modena della zona fiera e del quartiere industriale nord, il traffico è continuato per gli anni 2000 e continua tutt'oggi. Donne spesso comprate per poche decine di euro direttamente nei paesi d'origine con con la complicità di amici e familiari, e costrette a prostituirsi dopo essere stata picchiata e, anche questo abbiamo registrato a Modena in anni di cronaca, minacciate con riti woodoo.
I gruppi più attivi in Emilia Romagna, è emerso dai rapporti che si sono susseguiti, sono di nazionalità nigeriana, albanese e maghrebina. Si occupano di spaccio di droga, traffico di stupefacenti e appunto, soprattutto, di sfruttamento della prostituzione e tratta di esseri umani.
Le zone a Modena, rimangono sempre quelle, da almeno 15 anni. La bruciata e l'area nord di Modena. Lungo le vie dell'area industriale nord, sull'asse di via delle Nazioni, ma, da qualche anno, anche più vicino al centro nell'area che da 15 anni attente la riqualificazione che oggi dovrebbe arrivare dal Piano periferie: Nell'area compresa lungo le direttrici di viale del Mercato, via Massarenti, via Finzi e via Soratore, sono circa 12 quelle che operano, portate ogni sera, dopo le 8 dai loro protettori connazionali. Sotto gli occhi dei residenti. Le forze dell'ordine arrivano ma il reato di prostituzione non esiste.
Esiste lo sfruttamento ma una volta giunti sul posto, questi se ne sono andati. Hanno vedette agli accessi principali delle zone: su via Canaletto, e nelle immissioni dalla tangenziale.
“La mafia nigeriana agisce in Emilia Romagna e sta diventando sempre più offensiva: alla Regione spetta il compito di mappare il fenomeno. E’ necessario sapere con precisione luoghi e modalità d’azione di questa pericolosa malavita organizzata da immigrati, che utilizza associazioni etniche e agenzie di money transfert come copertura per traffici di droga e prostituzione”.
Alan Fabbri, capogruppo Lega Nord in Emilia Romagna, è intervenuto cos' ieri sul tema delle organizzazioni criminali nigeriane, che ora sembrano registrare una recrudescenza violenta.
L’Osservatorio sulla Criminalità Organizzata dell’Università degli Studi di Milano che nell’ultimo rapporto, pubblicato lo scorso maggio, conferma le organizzazioni attive in Emilia Romagna che “operano in diversi settori, dal traffico di sostanze stupefacenti alla ricettazione, fino alla tratta di esseri umani finalizzata allo sfruttamento della prostituzione”, insediate soprattutto nei territori di “Bologna, Reggio Emilia, Modena, Ravenna e Rimini'.
Organizzazioni sempre più efficenti, nella loro organizzazione interna, che vantano di un elevato livello di conoscenza delle leggi italiane” e utilizzano finti centri culturali e negozi etnici di vario genere “come copertura rispetto alle attività illegali” e di riciclaggio.
“E’ evidente l’urgenza di portare a galla le caratteristiche e la dislocazione di un fenomeno che appare sempre più invasivo', spiega Fabbri 'anche perché negli ultimi mesi, si sono verificati episodi riconducibili all’attività di questo tipo di bande criminali'.
“Più volte in relazione al fenomeno delle mafie italiane la Regione Emilia Romagna ha compartecipato a progetti di ricerca, approfondimento e divulgazione”, aggiunge Fabbri “E’ giunto il momento di fare la stessa cosa con questa realtà che coinvolge peraltro esclusivamente cittadini immigrati e richiedenti asilo, a cui, pagando di tasca nostra, offriamo accoglienza, welfare e servizi”.