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Migrazioni, il cardinale Zuppi: 'Capisco la paura, ma non siamo in emergenza'

Migrazioni, il cardinale Zuppi: 'Capisco la paura, ma non siamo in emergenza'

'Occorre trovare risposte, per la qualità del lavoro e per la casa, e farlo insieme'


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'Le risposte vanno trovate insieme. Solo insieme possiamo trovare risposte credibili, non a spot, non opportunistiche. Dopo 25 e più anni non possiamo parlare ancora di emergenza, la paura dell’altro esiste, ma non possiamo vivere nella paura: occorre trovare risposte, per la qualità del lavoro e per la casa, e farlo insieme'. Il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei e arcivescovo di Bologna, ha parlato al festival della Migrazione nel corso del panel bolognese sul tema del lavoro. 'Troppi lavoratori stranieri, anche con un contratto a tempo indeterminato, non trovano una soluzione abitativa e quindi non trovano integrazione, una stabilità. Non dimentichiamo mai che se non ci fossero lavoratori stranieri si bloccherebbero le nostre città'.
Il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, spiega: 'Abbiamo bisogno come l’aria di un piano casa nazionale e di un fondo nazionale ed europeo. Servono 4 miliardi l’anno per fare un buon lavoro. Se un’impresa sa che un proprio lavoratore dorme in strada non si può dire che è un problema del sindaco. Ci mettiamo intorno a un tavolo e cerchiamo una soluzione e anche l’imprenditore deve farsi carico della situazione, non da solo, certamente.
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Non può succedere che qualcuno si prende in carico di queste persone e chi crea profitto, questo è l’800, non il 2025'.
Il presidente di Federsolidarietà di Confcooperative, Stefano Granata, ha messo al centro i giovani: 'Vorrei uscire dalla retorica che dice che occorre favorire i flussi migratori perché abbiamo bisogno di stranieri, il punto è che non abbiamo bisogno di manodopera, ma di cittadini. Siamo in una situazione di frattura generazionale, con le seconde generazioni e anche con i figli della nostra terra, e questa frattura si gioca proprio sul lavoro. Il lavoro è una questione di senso, se guardiamo ai figli nati in Italia chi è molto preparato e spesso va all’estero, poi ci sono ben due milioni che non studiano e non lavorano e rifiutano una appartenenza alla comunità, e c’è chi rimane qui perché vuole rimanere qui, ma sta dicendo no a certi modelli organizzativi del lavoro. Questa crisi di senso va colta, il modello non tiene più, dobbiamo troviamo dei ganci per rimotivare le persone e appartenere alla comunità è un momento fondante di nuove generazioni. Il mondo delle imprese deve fare un ragionamento sui modelli organizzativi, la produttività da sola non basta: o ascoltiamo le nuove generazioni o ci sarà un impoverimento ulteriore nel nostro Paese, sia economico che culturale'.
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Lo stesso che chiede mons. Gian Carlo Perego, presidente di Fondazione Migrantes e arcivescovo di Ferrara-Comacchio: 'Nelle nostre città ci sono 2,5 milioni di lavoratori di 190 nazionalità, 10% di lavoratori in Italia sono stranieri, con circa 800mila imprenditori e imprenditrici. Gli stranieri contribuiscono all’8,8% del Pil, ma la crescita che porta con sé alcuni problemi salariali, di sfruttamento e precarietà, della casa, del decreto flussi che continua a creare altra precarietà e sfruttamento. Sono aspetti che chiedono giustizia, alla luce dell’articolo 3 della Costituzione. È urgente la revisione della legislazione, nata quando i migranti erano meno di un milione, mentre ora sono oltre 5 milioni'.
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