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Pavarotti a Verona, simbolo di un 'sistema Modena' che non c'è più

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In 20 anni il 'primato' economico e culturale di Modena è stato annientato


Pavarotti a Verona, simbolo di un 'sistema Modena' che non c'è più
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L'evento tributo dedicato a Luciano Pavarotti fissato per il 6 settembre prossimo, nel giorno esatto del decimo anno dalla scomparsa, non sarà a Modena ma a Verona. La notizia, piombata come fulmine a ciel sereno anche in Comune, rappresenta indubbiamente un duro colpo per l'intera città che ha dato i natali al tenore e che il tenore 'cittadino del mondo' ha sempre amato e valorizzato, fino alla fine.

Un vero e proprio schiaffo, non c'è che dire. Bisogna rappresentarlo per quello che è: uno schiaffo. Simbolico, certo, ma capace di fare altrettanto male, se non di più, di uno schiaffo vero. Uno schiaffo, che non si limiterà a fare male oggi e la sera in cui si svolgerà l'evento, ma provocherà dolori ed amari effetti, anche dopo. E soprattutto, riflessioni.

Perché decisioni di questo tipo, assunte senza contemplare Modena e al di fuori di Modena, non sono solo il frutto di business e di interessi economici, che pur ci sono, anzi ci devono essere. C'è di più, molto di più. C'è un sistema di relazioni, c'è un sistema politico ed istituzioale, di marketing territoriale e culturale; un sistema che in questi ultimi 10 anni almeno, a Modena,  si è via via frantumato, fino a scomparire. Un sistema sociale, politico ed istituzionale tenuto insieme non solo dalla capacità di fare rete nell'interesse comune (pubblico e privato), ma anche dal collanto dell'orgoglio.  Da un sentimento identitario rispetto a quei riferimenti comuni che facevano ed esprimevano il 'primato' Modena. Compresa la Modena dei grandi concerti (chi ricorda i le doppie date dei Pink Floyd o degli U2 allo stadio), compresa la Modena non solo della Ferrari e dell'aceto, ma anche quella che ospitava la borsa merci italiana della carne, e che.

.

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potremmo continuare.

Un orgoglio trasversale. Che partendo dalle istituzioni, abbracciava, e non ha più abbracciato, tutti gli elementi del 'sistema Modena', spesso al di la degli schieramenti politici. Un orgoglio che era anche tra la gente, tra i mudnés, della più diversa estrazione. La stessa gente che oggi è rimasta sola, orfana di riferimenti istituzionali forti, ad esprimere un orgoglio nella frammentatazione dei social etwork. Un orgoglio che è anche simbolo di un sentimento di appartenenza (che Vasco, pur con stile e modi differenti ha dimostrato esistere ed avere 'un senso' scegliendo il Modena Park per celebrare i 40 anni di carriera). Un sentimento identitario e di rispetto per quella Modena, a cui Pavarotti orgogliosamente apparteneva e che dopo la sua morte non ha avuto il suo riflesso in chi aveva il diritto-dovere di valorizzarne, sul piano istituzionale e politico il ricordo e, con esso, quel sistema di valori, di relazioni, di unicità (per non abusare ancora della parola eccellenze), ai quali il tenore era legato e delle quali era degno interprete e testimone sui palcoscenici del mondo.

Un diritto-dovere da esercitare sul piano 'politico' ed istituzionale, appunto. Capace di anticipare i patti con Verona e, nel caso di concorrere e semmai discutere sui tavoli pubblici e privati per dire NO, Verona NO, per fare si di avere l'evento a Modena. Perchè questo (e non abbiamo certo noi la presunzione di dirlo, ma altri che ben lo conoscevano), è ciò che Pavarotti avrebbe voluto.

Un diritto-dovere politico ed istituzionale che evidentemente, in questi anni, ed in questi ultimi mesi, non è stato esercitato. Perché perdere un'occasione ed un evento del genere, per il sistema Modena significa tanto. Sotto tutti gli aspetti: commerciale, imprenditoriale, culturale, economico, politico e, soprattutto, di immagine.

ll sistema distrutto dal sistema

L'evento tributo per il decennale dalla morte di Pavarotti è purtroppo soltanto l'ultimo dei treni persi, (o meglio fatto perdere) a Modena; l'ultimo pezzo di un puzzle che nel suo insieme rappresentava 'il sistema modena', della Modena di serie A, che negli anni si è dissolto. Perché chi doveva difendere e valorizzare quel sistema, i suo simboli ed i suo valori, non lo ha fatto. Non è stato capace di ricucirlo, di tesserne e di rinnovarne non soltanto i nodi ma anche, e ciò che più è grave, la trama che li teneva uniti e li rendeva forti nel mondo.

In campo culturale (con una Modena capitale Estense superata anche recentemente da Ferrara perché incapace di andare al di là degli album delle 'fifi' e del costoso e quasi inqualificabile 'Manichino della storia', così come da Mantova e Reggio Emilia); in campo alimentare (con l'Authority fissata a Parma), infrastrutturale (con l'alta velocità che ha evitato a Modena, con le fermate dei Freccia Rossa e di Italo fisse a Reggio Emilia mentre a Modena il supertreno passa veloce in discarica lontano dal centro), viario e logistico (con la mancata realizzazione del prolungamento della Bretalla A22 al punto che ora non ha quasi più senso, e del nuovo scalo merci di Marzaglia). Così come sul piano economico e dei servizi (con l'abbandono del progetto Cittanova 2000), e turistico (con la mancata valorizzazione del Duomo e la sua piazza patrimonio Unesco). E potremmo continuare. Che di per sé sembrano essere cose scollegate da Pavarotti, ma non lo sono affatto. Semplicemente perché parte di quel sistema che mano a mano ha perso pezzi, negli anni, al punto tale da non essere oggi più riconoscibile tra i tanti. Così da essere uguale, anche in riferimento ad un simbolo come Pavarotti, a Verona o a qualsiasi altra città che un domani potrebbe candidarsi per celebrarne figura e ricordo. Un sistema non più forte come lo è stato, e non più autorevole al punto da avere la capacità e la volontà politica ed istituzionale per battere, ce ne fosse stato bisogno, i pugni sul tavolo per dire no, per dire: Pavarotti lo vogliamo qua perché Modena è cosa sola con lui e con il suo ricordo. E faremo di tutto per avere il decennale qua. Perché oltre, anzi prima del business, c'è il cuore, c'è l'orgoglio e c'è l'amore per la propria terra.

E' triste pensarlo,e tantopiù crederlo, ma forse è vero. Modena ha smesso di essere proprio amata da chi aveva il compito di amarla e valorizzarla. Con quell'orgoglio che non è presunzione e che anche quando lo è, lo si perdona, proprio perché si parla di cose grandi ed uniche. E che proprio per questo, non possono essere perse.


Gianni Galeotti
Gianni Galeotti

Nato a Modena nel 1969, svolge la professione di giornalista dal 1995. E’ stato direttore di Telemodena, giornalista radiofonico (Modena Radio City, corrispondente Radio 24) e consiglie..   Continua >>


 


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