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Posto che venga realizzato, anche solo a metà, ovvero nella sua parte pubblica (perché sulla possibilità che gli interventi pubblici fungano da volano per investimenti ed investitori privati che in 15 anni sono falliti o scappati, non c'è nessuna garanzia), il Progetto periferie per la riqualificazione dell'area dell'ex mercato bestiame, con la sua funzione di ricucitura tra i quartieri Sacca e Crocetta (sull'asse est-ovest) e con la stazione ferroviaria (sull'asse nord sud), è destinato, pur nella sua portata, a ridare vita solo ad uno dei 9 tasselli del fallito Piano di riqualificazione della fascia ferroviaria lanciato nel 1999 dall'allora giunta Barbolini e dall'Assessore all'urbanistica Palma Costi (attuale assessore regionale alle attività produttive). Fallito perché di quei 9 comparti urbani ex industriali, dismessi e oggetto di quello che doveva essere un epocale piano di riqualificazione (rimasto sulla carta), solo 2 sono stati riqualificati.
Solo due. O meglio uno (l'Ex Vinacce) e due mezzi (ex Corni ed ex acciaierie). Tutti gli altri (Stazione FS, ex mercato bestiame, ex fonderie, consorzio agrario ed ex Benfra e collegamenti viari compresi), rappresentano a tutt'oggi aree abbandonate, degradate e scollegate. Da 18 anni. Con tutte le conseguenze sul fronte dei costi sociali, economici e delle sicurezza pubblica.
A confermarlo è la stessa raffigurazione grafica dei comparti della fascia ferroviaria (nove, appunto, per una superficie pari a 100 campi da calcio), inserita nella presentazione del Progetto periferie realizzata dal comune e discussa in consiglio. Nella mappa del Comune (foto) abbiamo solo aggiunto un segno rosso per evidenziare i comparti della fascia ferroviaria nord che dopo 18 anni non sono ancora stati riqualificati. Quasi tutti. Comparti rimasti per l'80% al palo, fermi, da 20 anni. E chissà ancora per quanti.
Perché il progetto periferie si limita a citarli, come elementi della fascia ferroviaria, me non li contempla, nemmeno in termini di progetto e di collegamento, anche solo funzionale, se non fisico.
Con questo, non si vuole sminuire né la portata dell'attuale sfida politica lanciata dalla giunta Muzzarelli (perché provare a rimettere in moto un piano di riqualificazione di tale portata, fermo da 18 anni, lo è una sfida), né il lavoro degli uffici tecnici comunali (che hanno lavorato per mesi per rimuovere la polvere dai progetti e dagli obiettivi di riqualificazione degli anni 2000 rimasti sulla carta, ed integrarli con una realtà profondamente cambiata negli ultimi 20 anni), ma solo inquadrare il progetto nella sua giusta dimensione. Perché non è detto che aprire nuovamente il collegamento (perché fino agli anni '80 attraverso il mercato bestiame erano collegate) tra la crocetta / Viale Gramsci e il comparto ex Ina casa della Sacca, sia sinonimo di riqualificazione urbana, sociale ed economica. Perché non è detto che i pur importanti 18 milioni di finanziamento statale e i 7 milioni stanziati dal Comune riescano a smuovere gli altri 34 prevalentemente privati mancanti rispetto all'obiettivo di 59 milioni di investimenti previsti dal comune. Perché lì, in quell'area dove sorgeva il mercato bestiame ed il macello pubblico, i privati proprietari di aree abbandonate sono ancora la maggioranza e si sono dati alla fuga. E, vorremmo sbagliarci, ma non è con un Data Center (da definire anche nel rapporto e nell'equilibrio con quello dell'Università), o con una non meglio definita scuola innovativa o con un pugno di appartamenti in housing sociale che si può sperare di invertire radicalmente la tendenza e di fare tornare investitori nei luoghi dai quali questi sono fuggiti, anche in tempi migliori di questi. Anche il pompaggio di denaro pubblico nella riqualificazione dell'R-nord, che non è mai stata abbandonata, non è riuscito a fare tornare investitori privati oltre alla Coop.
E che dispiaccia o meno, oggi le aree private abbandonate nell'area dell'ex mercato bestiame, costituiscono la maggior parte delle superfici da riqualificare. E, bisogna dirlo, nel progetto non c'è traccia, nemmeno in linea di indirizzo, di strumenti e metodi innovativi per potere rimettere in moto investimenti privati. Vorremmo tanto sbagliarci, ma è così. Il nodo è quello. Che è poi quello che negli anni ha fatto fallire tutti i progetti, partecipati o meno, che avrebbero dovuto riqualificare le ex fonderie, l'ex Benfra, il nodo della stazione ferroviaria (che dopo l'apertura dell'ancora incompiuto e chiuso scalo merci di Marzaglia doveva ospitare la stazione delle autocorriere) così come l'ex consorzio agrario (con la nota vicenda Esselunga) e così come i 14.000 metri di discarica a cielo aperto (che oggi, stando ai programmi del '99 avrebbe dovuto essere un parco urbano con alcune residenze), della fondazione Pro-latte. Condizioni che purtroppo ci sono ancora tutte.
Anzi, su questi punti, e su queste aree, il passo anziché in avanti sembra essere stato all'indietro. Perché nel progetto periferie queste 6 grandi aree ancora da riqualificare, che andrebbero osservate e considerate nel loro essere parte di un insieme (quello della fascia ferroviaria nord), di fatto vengono solo citate, ma non collegate in nessuna prospettiva. Anzi, queste rimangono isolate e scucite dal resto, oltre che degradate. Non inserite in un nessuna piano di sviluppo, né singolarmente, né di insieme. Segno che forse anche l'amministrazione ha smesso di considerare per loro, a differenza di quanto pur in modo fallimentare fece 18 anni fa, una destinazione ed un futuro possibile. Almeno in questo mandato.
Gianni Galeotti