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‘Sentenza Montefusco, assurdo aggredire i giudici che hanno applicato il diritto penale’
La Pressa
‘Stupisce le critiche arrivino anche da chi dovrebbe essere esponente di forze politiche che, ancora in queste ore, stanno combattendo, a livello parlamentare, la battaglia di civiltà della separazione delle carriere’

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‘La querelle avente ad oggetto la pretesa non opportunità della sentenza mediante la quale la corte d’assise di Modena ha condannato l’imputato a soli trent’anni di reclusione in luogo dell’ergastolo - ergastolo che, peraltro, avendo compiuto settantadue anni, l’imputato, di fatto, dovrà comunque scontare - è la classica querelle tutta-italiana. Tutta-italiana perché, a ben guardare, questo è e resta un paese dove sproloquiare di autonomia ed indipendenza della magistratura a prescindere dal merito della singola questione in materia di giustizia va sempre bene fintanto che, con i propri atti - le sentenze appunto -, la magistratura stessa non dispiaccia la cultura mainstream’. A intervenire sulla sentenza di condanna di Montefusco è l’avvocato modenese Guido Sola.
‘E siccome, nel presente momento storico, in materia di giustizia, cultura mainstream significa giustizialismo, nello stesso istante in cui, seppur in nome del popolo Italiano e seppur vergando ben 213 pagine di motivazione, un giudice si azzardi a fare ciò - e ad applicare il diritto penale al fatto, escludendo una circostanza aggravante e bilanciando le ulteriori circostanze aggravanti con le circostanze attenuanti generiche -, la politica e l'associazionismo giustizialista sono abilitati ad aggredire, calpestandola, autonomia ed dipendenza di una magistratura rea, agli occhi della cultura vittimo-centrica propria degli stessi, di avere addirittura giustificato il tragico duplice omicidio che qui ci occupa’.
‘Premesso che tutto questo pare accadere nel più assoluto silenzio della magistratura associata, il punto è: è davvero accettabile, nell’ambito di quello che dovrebbe - vorrebbe? - essere uno stato di diritto, che la politica e l'associazionismo giustizialista si scaglino così violentemente contro giudici che null’altro hanno fatto se non applicare la legge - così come interpretata dalla Corte Costituzionale, peraltro -, accusandoli, più apertamente che non, addirittura di avere avallato, con le proprie parole - solo perché comprensibilmente sgradite alla famiglia delle vittime -, l'azione omicidiaria dell'imputato? - continua Sola - È davvero questo che la politica e l'associazionismo - e, dunque, la classe dirigente del paese, perché questo la politica e l'associazionismo dovrebbero rappresentare - dovrebbero fare in questi casi? O non dovrebbero, piuttosto - e proprio perché classe dirigente del paese -, contribuire, a propria volta, a spiegare a chi - il cittadino - giurista ben potrebbe non essere che il diritto è innanzitutto tecnica e che tecnico, conseguentemente, deve sempre essere il giudizio, positivo o negativo, che in relazione ad una sentenza, di condanna o di assoluzione, si voglia esprimere? Si è soliti dire - e ne convengo - che le sentenze si rispettano. Ma questo non significa, a mio parere, che le stesse non possano essere (anche aspramente) criticate. Perché, se è vero che sono pubblicate in nome del popolo Italiano, esse, per questo solo, ben possono essere giudicate anche negativamente da parte dello stesso popolo Italiano. Ma per giudicare - e prima ancora di giudicare - bisogna essere informati e attrezzati. Informati, perché a venire qui in rilievo è una sentenza la motivazione della quale consta di ben 213 pagine - sono state lette tutte da tutti?-. Attrezzati, perché a venire qui in rilievo è una sentenza complessa, densa di complicati passaggi penalistici ad alta quota - sono stati compresi tutti da tutti? -. A prescindere da quanto precede, in ogni caso, spiace constatare che le distoniche critiche che qui si occupano siano promanate, non solo da chi, more solito, si è addirittura spinto a chiedere un incontro con il presidente del tribunale ed il procuratore della Repubblica -, ma anche da chi dovrebbe essere esponente di forze politiche che, ancora in queste ore, stanno combattendo, a livello parlamentare, la battaglia di civiltà della separazione delle carriere’.
‘Abbiamo sempre detto che, in materia di giustizia penale, la separazione delle carriere rappresenta la madre di tutte le battaglie. Perché è solo separando le carriere di giudici e pubblici ministeri che sarà infine possibile recuperare il giudice alla cultura della legalità e, prima ancora, del limite che è - o che dovrebbe essergli - propria. Aggredire giudici che null'altro hanno fatto se non applicare il diritto penale al fatto benché fare ciò fosse sgradito alla famiglia delle vittime non equivale certamente a fare un buon servizio alla giustizia. Ma significa semplicemente perdere, anche in questo caso e ancora una volta, un'ottima occasione per fare importanti passi avanti sul piano della maturità politica in una materia che, quale quella della giustizia penale, rappresenta - o dovrebbe rappresentare - il termometro di civiltà giuridica di un paese’.
Redazione Pressa
La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, .. Continua >>
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