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Il caso, con diverse proporzioni,, è simile, nella sostanza, a quello che nel gennaio scorso aveva portato il Tar dell'Emilia-Romagna a bocciare, sospendendone gli effetti, l'ordinanza del Presidente della Regione che aveva imposto la chiusura delle scuole fino al 25. Imponendo di fatto l'apertura entro il lunedì 18.
Una fatto importante ed interessante sia sotto il profilo tecnico/giuridico ma anche e soprattutto per il significato politico dello stesso. E non tanto perché smontava, o almeno riteneva insufficienti i le linee disposte da un presidente della Regione, bensì i presupposti (di fatto le prove e gli elementi per giustificare una decisione forte come la chiusura delle scuola), che erano alla base e motivavano quell'atto politico. Ritenuti, appunto, non sufficienti.
Stessa lettura, o simile lettura, sembra quella arrivata ieri da parte del Tar del Lazio che ha acceso un faro sul Dpcm del 2 marzo scorso nella parte in cui ha disposto la didattica a distanza in tutte le scuole delle Regioni in 'zona rossa'.
I giudici del tribunale amministrativo hanno così accolto la domanda cautelare presentata da un gruppo di studenti e genitori di alunni minorenni di tutta Italia, rappresentati dagli avvocati Valerio Onida e Barbara Randazzo.
Con tale decisione il Tar stabilisce che la presidenza del Consiglio dei Ministri entro il 2 aprile riesamini le misure che, sulla base del Dpcm del 2 marzo, comportano l'automatica chiusura di tutte le scuole di ogni ordine e grado nelle zone rosse e prevedendo il ricorso alla Didattica a distanza nelle zone gialle e arancioni. La domanda a questo punto nasce spontanea: deriva anche da qui, l'improvviso riallenamento del governo e a cascata del Presidente della Regione Bonaccini e, al traino, del sindaco di Modena Muzzarelli per la riapertura? Visto che comunque il 2 aprile, data entro la quale il Presidente del Consiglio dovrebbe riesaminare i presupposti della chiusura, è ormai alle porte?
Ma il dato politico, al di là della scadenza del 2 aprile che rende superato almeno nella tempistica anche se non nel merito la decisione dei giudici, il dato è che dopo un mese di obbligata chiusura delle scuole, viene messo nera su bianco la messa in discussione dei presupposti (anche statististici e scientifici relativi ai contagi) che ne erano alla base. Presupposti che in maniera chiara, anche dal 'basso' rispetto al livello istituzionale, ovvero da insegnanti e genitori, sono stati riportati anche ieri al centro del sit-in organizzato in piazza Grande dal movimento Priorità alla scuola. Che ieri ha ribadito la richiesta di riaprire le scuole in sicurezza e sulla base di presupposti e dati scientifici chiari e trasparenti, gli stessi che fino ad ora non sarebbero stati garantiti alla base il presupposto necessario per un provvedimento istituzionale e politico forte come la chiusura. Contestando il fatto che fino ad ora (e i Tar dell'Emilia-Romagna e del Lazio lo avrebbero confermato), questi presupposti non sarebbero stati garantiti.
Gi.Ga.
Redazione Pressa
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