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L’arcivescovo di Modena-Nonantola e vescovo di Carpi, monsignor Erio Castellucci, da poco nominato vicepresidente per l’Italia settentrionale della Conferenza episcopale italiana, interviene oggi sull'Osservatore Romano su quello che è avvenuto nell’ultima assemblea della Cei in visita del prossimo sinodo. 'L’asse di queste conversazioni, come già nel recente passato, è stato totalmente puntato sull’evangelizzazione, ma questa volta tutto è stato filtrato attraverso l’esperienza della pandemia che ha causato tanti drammi e tante sofferenze, ma ha svolto anche una funzione di “svelamento”, ha fatto emergere la necessità di recuperare una pastorale essenziale. E quindi di rendere questo della sinodalità non un evento a sé, ma uno stile permanente di Chiesa' - afferma Castellucci. 'Tutti noi vescovi pensiamo che almeno il primo anno dovrà essere un anno di ascolto profondo. Soprattutto dopo questo anno e mezzo di grande sofferenza dovuta alla pandemia, sofferenze spesso compresse, pensiamo a ciò che hanno vissuto gli adolescenti e i giovani.
Ecco, penso che avviare un percorso dal basso significa darsi gli strumenti e cominciare ad attivarli a partire dall’autunno, mirando soprattutto ad un ascolto profondo della gente, sperando che non si arrivi solo ai praticanti'.
'Si è parlato delle strutture, ma non solo intese come le strutture materiali, immobiliari (che ormai sono non più sostenibili), ma anche quelle pastorali e spirituali. Una cura dimagrante è necessaria e passerà anche attraverso scelte impopolari ma porterà al recupero di una snellezza e di una leggerezza scaturite dall’aver rimesso l’annuncio del Vangelo al primo posto. E con esso anche la centralità delle relazioni, tessuto vitale del popolo di Dio. Soprattutto in un periodo come questo segnato dall’urto lacerante, devastante della pandemia. Si è rilevato ancora di più che rischiamo di essere una Chiesa un po’ seduta.
C’è invece più bisogno che mai di maggiore profezia e questo non può realizzarsi mantenendo tutta la carovana di ciò che esiste, bisogna fare delle scelte, bisogna probabilmente dotarsi di zaini, piuttosto che di carovane, e così diventare tra l’altro anche più credibili - afferma Castellucci -. Chi magari non fa un’esperienza viva di Chiesa finisce per avere un’idea della Chiesa legata a questa alleanza con il potere che è un’eredità pesante che ci portiamo dietro ma non corrisponde alla realtà. Allora fare una cura dimagrante vorrebbe dire proprio far corrispondere l’apparenza alla realtà. Il nostro è un caso particolare, nel senso che di solito si cerca di apparire meglio di come si è, noi invece facciamo il contrario. Se ne accorge chi vive la vita di una comunità cristiana, si rende conto che con tutti i difetti che naturalmente ci sono (gelosie, invidie e tutto quello che si vuole) però al centro della nostra vita c’è ben altro, c’è, ad esempio, l’attenzione per chi è più fragile'.
'C’è senz’altro la necessità di un ripensamento della parrocchia da vari punti di vista, penso al calo numerico dei presbiteri in atto e sicuramente anche in futuro. Ciò rappresenta la molla di un ripensamento anche per le strutture parrocchiali, per esempio di accorpamenti e di forme di collaborazione più stretta, di guide o punti di riferimento ministeriali in parrocchie che non siano necessariamente il parroco. Ma investe anche il ruolo dei catechisti che adesso il Papa ha voluto rilanciare, dei lettori, degli accoliti e dei diaconi. Tutto il tema della ministerialità è coinvolto in questo processo. Anche per la parrocchia auspico una cura dimagrante, perché oggi si accumulano su di essa tante attività che magari sono anche giuste, ma non necessariamente devono essere dentro l’agenda pastorale della parrocchia, e soprattutto del parroco, ma possono essere espressione di parti della comunità. Questo crea un cumulo burocratico e amministrativo che si fa via via sempre più complesso. Faccio qualche esempio: le leggi sulla privacy che cosa comportano oggi anche solo per fare un’uscita con dei ragazzi, la gestione ordinaria di una parrocchia che ha qualche struttura, la canonica, un campo sportivo, una scuola materna, una struttura per anziani... Ecco che le parrocchie diventano veramente delle aziende e allora ci occorre anche un supporto giuridico e non solo canonico perché ci sia una vera corresponsabilità. Tutto questo non può essere un peso, dipendere tutto dal parroco, è il momento di valorizzare le competenze di tanti laici - chiude Castellucci -. Leggerezza e snellezza diventeranno non un’opzione ma una necessità. Magari non assumeremo mai la conformazione del villaggio da raggiungere in canoa, però spiritualmente dovremo prepararci ad una trasmissione della fede più snella, davvero missionaria'.
Redazione Pressa
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