Immigrazione come opportunità e non come emergenza: il lavoro tema cruciale
Intervista a Edoardo Patriarca presidente del Festival della Migrazione
Intervista a Edoardo Patriarca presidente del Festival della Migrazione
Eppure, mentre la realtà spinge in una direzione, le leggi che regolano gli ingressi e le opportunità restano ancorate ad un sistema giuridico che pur contestato nessun governo negli ultimi 15 anni, e stato in grado, di superare. Per volontà o incapacità. La Bossi-Fini e, prima ancora, la Turco-Napolitano continuano a pesare.
In questo contesto, la decima edizione del Festival – in corso a Modena e in altre città italiane – propone una riflessione di respiro nazionale: il lavoro come filo conduttore e, insieme, la necessità di una visione nuova e condivisa sul fenomeno migratorio, capace di guardare al futuro è capace di andare al di là della sterile contrapposizione politica. Ne abbiamo parlato con il presidente del festival della migrazione Edoardo patriarca durante il primo appuntamento di apertura del Festival a Modena al teatro della fondazione San Carlo di Modena.
Edoardo Patriarca, una nuova edizione del Festival della Migrazione. È sempre difficile affrontare il tema dell’immigrazione senza che si creino contrapposizioni. Che festival è quello che presentate in questa decima edizione?
È un festival che, anzitutto, si è allargato — devo dirle, anche inaspettatamente. Oggi di fatto è diventato un festival nazionale. Stiamo diventando un’opportunità per tante realtà istituzionali e associative che vogliono ragionare insieme su un fenomeno migratorio che, come diceva lei, è notoriamente divisivo.
Ecco, noi vorremmo offrire uno spazio di confronto, dove pur nelle diversità di posizioni si possa affrontare questo tema che, per parte mia, reputo — come quello della denatalità — una questione strategica per il futuro del Paese.
Spererei che su questo tema si provi a vedere se riusciamo a costruire una piattaforma condivisa, pur nel rispetto delle differenze. L’importante è iniziare a ragionare con una visione di lungo periodo.
Quali sono i fili conduttori di questa edizione del festival?
Il primo filo conduttore è senza dubbio il lavoro.
Abbiamo bisogno di lavoratori stranieri, sia a livello di sistema produttivo sia a livello familiare. Potrebbe essere uno dei punti su cui riflettere: cosa significa oggi chiamare delle persone a lavorare in Italia, cosa offriamo loro, e come strutturiamo la loro presenza?
Questo è un elemento prioritario, per le imprese ma anche per le famiglie. Oggi, ad esempio, se non avessimo le cosiddette “badanti”, il sistema di cura familiare si altererebbe completamente.
Il secondo tema è quello della denatalità. Dobbiamo prendere atto che i bambini che frequenteranno le nostre scuole nei prossimi anni saranno a prevalenza di bambini di varie nazionalità rispetto a quella italiana. E allora, di fronte a questa complessità, dobbiamo provare a ripensare in positivo il nostro sistema d’istruzione, in particolare la scuola materna e la scuola elementare, che sono i luoghi dove inizia la vera integrazione.
Anche rispetto ai percorsi di accoglienza, e dei richiedenti asilo dopo anni continuano ad esserci limiti se non totale assenza di opportunità concrete anche sul fronte del lavoro. È così
Sì, è proprio così. Oggi abbiamo un sistema bloccato.
La legge attuale, quella che viene comunemente chiamata “Bossi-Fini” — ma anche la precedente — non offre la possibilità di entrare nel nostro Paese legalmente, con un passaporto in mano, rispettando le regole.
Dovremmo invece pensare a un mercato del lavoro più strutturato, più governato e meglio sostenuto, capace di accompagnare questi ingressi.
E dobbiamo ricordare che i lavoratori non hanno solo bisogno di un’occupazione: hanno bisogno di case, di un minimo di welfare, di un sistema che li accolga in modo dignitoso.
Attorno al lavoro c’è un intero ecosistema che andrebbe messo in sintonia e in coordinamento.
Qual è, in conclusione, la sfida più importante che l’Italia deve affrontare di fronte a un fenomeno quello della migrazione, che continuerà.
Credo che questa — la costruzione di un sistema di accoglienza e lavoro equilibrato e sostenibile — sia la sfida più importante.
Sempre che il nostro Paese voglia davvero continuare a crescere e pensare al futuro.
Altrimenti, temo che ci attenda davanti un triste declino.
Gi.Ga.
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