Da anni Lapressa.it offre una informazione libera e indipendente ai suoi lettori senza nessun tipo di contributo pubblico. La pubblicità dei privati copre parte dei costi, ma non è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge, e ci segue, di darci, se crede, un contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di
modenesi ed emiliano-romagnoli che ci leggono quotidianamente, è fondamentale.
'L'elenco delle opere in programma dalla Regione per la provincia di Modena è un sommatoria di microinterventi sparpagliati che in conclusione non modificano la condizione di insicurezza dei nostri fiumi'
E' categorico e non certo positivo il giudizio dato da Massimo Neviani del Comitato Salute Ambientale di Campogalliano rispetto all'elenco reso noto dalla Regione con gli interventi previsti in provincia di Modena nel 2021, per fronteggiare il rischio idrogeologico. Un elenco che non presenterebbe nessuno degli interventi strutturali e di lungo periodo orientati anche solo ad abbozzare quella messa in sicurezza del nodo idraulico modenese che può essere definita tale solo in riferimento alle piene centenarie. Ma non solo. Non ci sarebbe traccia nemmeno quegli interventi per adeguare il fiume Secchia, e l'intero suo sistema comprendente la cassa di espansione, per andare al di là dal contenimento in sicurezza di piene con tempo di ritorno 20.
'Sembra di percepire - prosegue Neviani - una volontà di far dimenticare una situazione in cui il Secchia rimane sicuro solo per le piene piccole. Cosa non diversa per il Panaro che in teoria, con le casse di espansione, è adeguato a piene medie. Solo in teoria perché abbiamo visto che gli argini, come il caso di Gaggio-Nonantola conferma, nella pratica sono molto fragili'.
Ricordiamo che la rottura dell'argine che il 6 dicembre 2020 ha provocato l'alluvione di Nonantola è avvenuta in un momento in cui, grazie anche all'azione della cassa di espansione, a monte, il livello dell'acqua era ad un livello teorico di sicurezza, a circa un metro e mezzo di franco, ovvero più basso della sommità dell'argine stesso.
Anche in questo caso, come in quello della rottura dell'argine del Secchia del gennaio 2014, che provocò la devastante alluvione di Bastiglia e Bomporto, e nello stesso giorno e nello stesso tratto del Panaro rotto nuovamente il 6 dicembre, si è trattato di rottura e collasso dell'argine, non di esondazione. Segno dell'estrema fragilità dei manufatti storici capaci di cedere sotto la pressione di una piena piccola come picco e medio-piccola come volume, (elemento dimostrato chiaramente dalla relazione conclusiva della commissione tecnica regionale sulle cause della rottura), ma anche della scarsa o nulla conoscenza, nonostante gli strumenti a disposizione e nonostante la serie storica di 5 rotture che hanno interessato quel tratto di fiume dagli anni 60 ad oggi, della struttura interna degli argini. Che si è dimostrata, appunto, fragile tanto da rompersi, generando quella falla che l'erosione dell'acqua, amplificata da almeno otto ore prima dell'avvio dei lavori di riparazione, ha portato ad allargarsi fino a 60 metri circa, generando l'alluvione di Nonantola.
Tornando all'elenco della Regione, poco o nulla nell'elenco stesso ci sarebbe rispetto ad interventi capaci di incidere su quelle maggiori criticità emerse nelle ultime due recenti alluvioni. 'Gli unici interventi interessanti anche se non migliorativi - secondo l'analisi dell'esponente del Comitato Salute Ambientale di Campogalliano - sono, a San Cesario quelli relativi all'erosione a valle briglia, e a San Michele dei Mucchietti, relativi al bacino di raccolta acque insabbiato subito dopo la costruzione negli anni '80, rifatto in piccolo nel 2015 e quindi già franato' - conclude Neviani
Gi.Ga.
Redazione Pressa
La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, .. Continua >>