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Quando i campi da coltivare vengono prima di quelli da calcio

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La storia di Cesare Ziliani, talentuoso terzino che rifiut? la carriera da calciatore per una vita da agricoltore. Al posto delle coppe 110 bovini e il vigneto


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Dieci anni fa, il medesimo giornalista intervistò un ragazzo unico per filosofia e gioco. La storia era molto interessante: il ragazzo in questione era Cesare (Cecio) Ziliani, terzino della Correggese, giovane di grande talento che, grazie a prestazioni superlative ricevette l’offerta di una blasonata società emiliana, all’epoca impegnata in C2. Con grande stupore degli addetti ai lavori il ragazzo rifiutò la vita da calciatore professionista per continuare a coltivare la sua vera passione: l’agricoltura e l’allevamento. Una notizia che strappò diversi sorrisi, con lettori divisi tra audaci opportunisti del comparto calciofili e tra più razionali e romantici amanti del pallone pronti a evidenziare come Ziliani fosse esemplare per senso del dovere e per determinazione. A distanza di dieci anni giornalista e terzino sono invecchiati, ma per amore della continuità abbiamo incontrato il nostro eroe del giorno nel piccolo borgo di Fosdondo (Correggio) per saper se, appunto a distanza di dieci anni, la sua è stata una scelta azzeccata oppure no.

Cesare, eccoci ritrovati. Il tempo ti ha dato ragione?
“Assolutamente sì. Oggi ho una bellissima azienda agricola che gestisco a pieno con la mia famiglia. Non gioco in C2, gioco in Eccellenza, ma ho una bellissima moglie che ho portato all’altare il mese scorso, ho una bella azienda agricola, una casa di proprietà oltre a 110 bovini da latte e a 4 ettari di vigneto. Numeri che, per me, valgono più della Champions League”.

Non è stato facile dire di no a quel club di professionisti, però hai preso la scelta giusta.
“Il calcio è una passione, giocherò sempre perché mi fa bene e perché mi piace tantissimo. Il mondo reale però è fatto d’altro. Dovevo lasciare tutto, fare tanta strada, salutare amici e compagni di squadra per trasferirmi in una società di calcio per fare il professionista. Il tutto non mi convinceva.

Non era la vita per me. Con molta serenità ringraziai e salutai dirigenti e presidente del club. Per me i campi da coltivare vengono prima di quelli da calcio”.

Agricoltore e allevatore nella vita reale, terzino fluidificante alla domenica. La vita di Ziliani è molto faticosa.
“Ebbene sì. Mi sveglio alle 5, lavoro fino a ora di pranzo, poi mi riposo e torno in stalla nel pomeriggio dove resto fino alla sera. Nel tardo pomeriggio appoggio il forcone e prendo la borsa del Rolo per andare a fare allenamento. Mi piace la mia vita, amo il mio mestiere, il mio ruolo in campo, la mia famiglia. Non ho rimpianti”.

A proposito di Rolo, oramai è la tua terza casa dopo l’azienda agricola e dopo la tua abitazione privata.
“A sentire mia moglie forse è anche la seconda. Scherzi a parte: vivo con grande passione la stagione sportiva. Indosso la maglia del grande Rolo e, su ogni pallone, metto tutta la cattiveria agonistica e la determinazione che posso. Il Rolo è una grande società, mi piacciono tanto perché fanno tutto per bene, ingaggiano giocatori importanti, ma senza perdere quel campanilismo e quella particolare sfumatura che rende unico il calcio locale. Siamo tutti sereni e tranquilli ma facciamo le cose per bene”.

Parliamo della tua particolare amicizia con Ferraboschi, allenatore che ti stima tantissimo.
“Io e Pietro siamo amici per la pelle. In campo lui è il mister ed io il terzino, con molta trasparenza teniamo le distanze, ma nella vita di tutti i giorni siamo molto amici. Siamo simili: diamo il massimo, amiamo vincere, viviamo la vita. Siamo due a cui piace costruire, diamo importanza al gruppo più che al singolo. Il mister è stato anche ospite al mio matrimonio di sabato scorso, mi ha fatto molto piacere averlo accanto. Non è solo bravo ad allenare, è una persona di grande valore. Parla in modo diretto alla gente, è sempre molto chiaro è limpido. Lavorare con lui mi ha fatto bene e credo sia il mister giusto per Rolo”.

Una grande delusione con la maglia del Rolo. Ora, senza filtri.
“Sicuramente quel diavolo di rigore maledetto che ho sbagliato due anni fa durante la finale col Rimini. Grande dispiacere, per due notti non ho dormito. Il calcio però è bello anche perché c’è sempre il rischio di perdere”.

Una grande emozione.
“Sicuramente quando Poppi e Bruini mi hanno chiamato in ufficio, in sede. Temevo volessero cedermi a qualche squadra rivale. Mi sono presentato alla scrivania del direttore e del presidente tutto scuro in volto. Quando mi hanno che intendevano affidarmi la fascia da capitano mi è tornato il sorriso. Sono onorato di indossare questa fascia, è motivo di grandissimo orgoglio e ringrazio infinitamente il club per avermi scelto”.

 

 


Redazione Pressa
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La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, ..   Continua >>


 
 
 
 

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