Al centro del caso denunciato dal Sindacato autonomo interdipartimentale Si Cobas c'è ancora la cooperativa Evologica, che fornisce una parte dei lavoratori attivi nello stabilimento Italpizza di San Donnino
'Nel periodo di lockdown dentro l’impianto di Italpizza si è diffusa la notizia che c’erano alcune persone malate.
Per paura, circa 20 persone si sono astenute dal lavoro - raccontano i responsabili sindacali - comunicando la cosa in vario modo alla azienda, chi verbalmente, chi con messaggi whatsapp per periodi di 5 o 10 giorni lavorativi.
In quel periodo la nostra organizzazione sindacale aveva lanciato una campagna nazionale di prevenzione in tutti gli impianti, in cui si chiedevano misure di garanzia fino a proclamare l’astensione dal lavoro nei casi di più difficile gestione.
Sappiamo bene che Italpizza tentò di applicare le misure previste dai decreti, così come sappiamo che tale applicazione nelle prime fasi si rivelò complessa soprattutto nella gestione degli spazi comuni, cioè spogliatoi, mense, macchinette del caffè, ma anche lavoro sulle linee di produzione, per le quali si studiarono via via turni differenziati per facilitare il distanziamento sociale.
Sempre in quel periodo anche in Italpizza, così come in altri impianti del settore alimentare, tentammo con determinazione di coinvolgere le istituzioni preposte alla salute pubblica nello svolgere quelle attività di controllo del cosiddetto “intorno dei lavoratori contagiati” più volte annunciate ma non praticate.
Ricordiamo, incidentalmente, che Italpizza dichiarò pubblicamente il 25 marzo la propria disponibilità ad effettuare 20 assunzioni di piccoli imprenditori caduti in disgrazia.
Adesso ci troviamo ad affrontare il fatto che 20 tra lavoratori e lavoratrici (delle cooperative Evologica), si sono visti recapitare prima una lettera di richiamo da parte di Evologica cui hanno risposto ed in seguito una lettera di licenziamento.
Riteniamo pertanto che siano si da assumere persone in difficoltà, ma certamente non a fronte del licenziamento di lavoratrici e lavoratori che hanno l’unica colpa - conclude una nota Si Cobas - di aver cercato di preservare la propria vita e magari quella dei loro coinquilini anziani o malati che non avrebbero potuto in alcun modo sopportare l’esposizione al contagio'