Sentenza Grimilde: 'A Brescello ndranghetisti intoccabili: nemmeno una multa'
E' scritto nero su bianco nelle oltre 1.400 pagine di motivazioni redatte dal giudice di Bologna Sandro Pecorella a corredo della sentenza del processo Grimilde
A rivelare che a Paolo Grande Aracri (figlio di Francesco, fratello del boss Nicolino) non è mai stata elevata una contravvenzione anche quando parcheggiava la sua Bmw 'sul marciapiede' o negli stalli riservati ai portatori di handicap davanti ai bar principali di Brescello, è Manuel Conte, uno dei gregari del clan, durante un interrogatorio. Che racconta di un episodio risalente a due anni fa, quando un agente della Polizia locale, 'uno nuovo', era in procinto di redigere un verbale. La risposta del calabrese? 'Guarda che hai sbagliato proprio paese' e 'se vengo lì ti spacco le ossa'. La multa in quel caso ci fu, ma a pagarla non fu il nipote del boss, ma il suo sottoposto. Anche gli uomini dell'Arma agivano con cautela. In un'altra occasione, riporta sempre Conte, un carabiniere intervenuto perchè 'nessuno spostava le macchine', avrebbe detto: 'Digli al tuo amico (Paolo Grande Aracri, ndr) di portare rispetto almeno per la divisa, se no iniziamo a fare le multe'.
Le condanne più pesanti di Grimilde, 20 anni di carcere a testa, sono andate a Salvatore Grande Aracri nipote 41 enne di Nicolino detto 'Calamaro' per gli affari illeciti in molteplici settori e Giuseppe Caruso, 60 anni, figura di spicco della vita pubblica piacentina, capogruppo in Consiglio comunale a Piacenza per Fratelli d'Italia e all'epoca dei fatti funzionario della Agenzia delle Dogane.
In particolare, si legge sempre nelle motivazioni, Giuseppe Caruso, ex funzionario dell'Agenzia delle Dogane ed ex presidente del Consiglio comunale di Piacenza (carica che ricopriva da esponente di Fratelli d'Italia), pur 'essendo chiaramente - come il fratello Albino - uomo di relazioni e non da azione violenta, ha una posizione che, anche solo per il suo ruolo pubblico doppio come funzionario delle Dogane e come esponente politico, non è quella di ultimo sgarrista della cosca, ma una posizione più rilevante'. I due fratelli sono stati 'il gancio che ha portato il faro degli investigatori sui Grande Aracri di Brescello', dimostrandosi, 'nonostante le mille accortezze con le quali Giuseppe Caruso si interfacciava con Salvatore Grande Aracri... completamente a disposizione' della cosca.
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