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E’ dall’inizio dell’estate che nel mio paese natale, si festeggia la storia della Prima Repubblica Partigiana d’Italia, Montefiorino di Modena, con mille iniziative. Ed è senz’altro vero che ci sono infiniti motivi umanitari oltre che politici, per essere fieri di questa pagina storica. I nostri padri, i nonni delle ultime generazioni, hanno fatto la loro parte con onore: sono stati gli ultimi eroi della storia dell’umanità.
Finita la grande, orribile guerra, partigiani ed Internati militari, ancora lacerati e malridotti, appena sufficientemente ristabiliti, hanno trovato in loro una meravigliosa ed enorme energia creativa, una grande voglia di vivere e di lavorare tanto che in poco tempo, sono stati capaci di rimettere in piedi se stessi e l’Italia.
In quegli anni, tutti, anche noi bambini, abbiamo percepito questo clima di effervescente attivismo, questa voglia di vivere e di lavorare con entusiasmo e con piacere e abbiamo assistito alla rapida sparizione di quegli ammassi informi tutti neri, che facevano paura, delle vecchie case bruciate dai tedeschi.
Mio padre, tornato dal campo di concentramento di Dachau, dove, prigioniero di guerra, per due anni aveva ricostruito la Germania senza mangiare, appena ristabilito, fu il primo a rendersi disponibile per la ricostruzione del paese anche senza soldi. A Giovanni Baroni, un compaesano che voleva ricostruire la casa, ma non aveva una lira, mio padre tranquillamente parlò in questi termini: “Adesa Giovanni a lavuram, a riarfam la cà. I sold et mi dara, quand et ghi ara”.
Concludendo la trattativa con una stretta di mano sostenuta da quella “parola d’ onore” che aveva un valore assoluto e indubitabile: dimostrava una elevata coscienza, che oggi non si incontra più, pare quasi totalmente perduta.
Se ritorno a quel periodo riconosco la gioia che mio padre traeva dal suo lavoro, portato avanti per il bene collettivo, non solo per le necessità economiche.
Da anziano, ha raggiunto i 97 anni, lucido e attento osservatore della politica locale e nazionale una volta mi disse, esprimendo delusione e rammarico: “Io sono andato su fino ai prati di San Geminiano, fino al Lago Verde a prendere l’acqua e l’ho portata giù per Montefiorino non per l’Hera”.
Non c’era l’acqua nelle nostre case, apparsa come un miracolo nei primi anni 50, quando mio padre ha costruito il primo acquedotto per il paese e non perché diventasse strumento finanziario a beneficio dell’Hera o di qualunque altra società.
Fondata quindi questa piccola cooperativa edile, senza mezzi e senza soldi, solo con qualche operaio, da subito la coop edile di Casola si mette a ricostruire il paese bruciato dai tedeschi a partire dalla Rocca, che aveva perduto tutto il porticato, trasforma la Torre in Campanile e riesce a rifare qualche casa.
Ma il lavoro più importante è stato l’assegnazione alla cooperativa edile di Casola, nell’ambito del Piano Fanfani del 1956, di cui mio padre era presidente, della costruzione del Dispensario di Montefiorino (foto sopra), la prima opera di pubblica sanità, per la popolazione dei Comuni della montagna.
Fu un grandissimo onore per lui, che lo rese semplicemente felice.
Si impegnò in modo particolare: andò a scegliere uno ad uno i migliori e più colorati sassi dal fiume con i quali abbellire questa struttura di splendidi mosaici. Ed era diventata veramente bellissima.
Trasformata poi nel corso degli anni in poliambulatori o casa della salute, la struttura ha perso tutta la sua iniziale bellezza, ma ha acquistato nel corso degli anni, maggiore capacità di servizio sanitario per la popolazione montana. Ma siamo arrivati agli attuali tristissimi anni.
Oggi la ingannevole “politica sanitaria dell'Emilia Romagna”, che si dipinge da 80 anni come la migliore e più efficiente regione d’Italia sul piano sanitario (come su tutti gli altri), sopporta, senza battere ciglio, la chiusura del servizio dialisi in montagna pur avendo la struttura adeguata, dotata di locali attrezzati, equidistante dai Comuni di utenza Palagano e Frassinoro.
Fare domande, chiedere spiegazioni sembra un reato e comunque tutti tacciono e si infastidiscono.
Solo il sindaco di Montefiorino ha ottenuto una risposta: il 18 giugno la direttrice del distretto risponde: il problema è il personale. Mancanza di personale, sotto di due unità e agli altri bisogna pure garantire le ferie...
Risposta ingiustificata e offensiva nei confronti dei cittadini, figli e nipoti, ma offensiva anche nei confronti di quegli stessi eroi partigiani che tanto si continuano a essere festeggiati invano, preparando delle indigeste pastasciutte, che gridano ormai vendetta per la vergogna.
Ma allora, si chiede la popolazione, che non è ancora assuefatta del tutto, se c’è la struttura e la domanda è altissima e la fatica che si chiede agli ammalati è enorme, è credibile che non si trovi il personale, che non lo si riesca a preparare... Certo che bisogna pagarlo. Facile capire che i continui tagli alla sanità abbiano anche questo come effetto!
Ma forse c’è dell’altro che potrebbe essere un motivo ancora più stupido: è probabile che si voglia trasferire il polo sanitario da Montefiorino a Palagano, progetto per il quale Bonaccini ha posato una prima pietra.
La politica dei falliti che promettono mari e monti, nell’ambito di favori a questo e a quello, funziona così: intanto chiude e spende soldi in altro e poi, ora che dalla prima pietra si passa alla seconda, i buonisti, come sempre si adeguano e se si ammalano? Se la vedranno con i loro mezzi, con la loro pazienza, con la propria forza psichica, come hanno sempre fatto.
La politica continua per la sua strada, quella di sempre, anche se molti campanelli avvertono che pare stia per scoccare quell’ora per cui non si potrà mai più prendere in giro la gente… per adesso però lo si può ancora fare.
Magda Piacentini