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'Policlinico Modena, non vaccinata discriminata in Ps'. Ospedale nega

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Il direttore Giuseppe Pezzuto: 'In nessun caso l'operato del personale è stato condizionato da criteri discriminatori di alcun tipo'


'Policlinico Modena, non vaccinata discriminata in Ps'. Ospedale nega
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Spett. Redazione La Pressa,
scrivo per segnalare un episodio, a mio parere sconcertante, accaduto in data 18 maggio al Policlinico di Modena a una donna di 53 anni che, nella mattinata, colta da forti dolori al fianco e attacchi di vomito, ha chiamato un'ambulanza per recarsi in pronto soccorso.
Nell'attesa di essere visitata, all'interno del PS del Policlinico di Modena, è stata più volte ripresa dall'infermiera perchè priva di mascherina. Dopo avergliela fornita le è stato detto che doveva assolutamente indossarla in quanto risultava paziente non vaccinata, e questo nonostante gli incessanti attacchi di vomito che ovviamente ne impedivano l'utilizzo.
Esami del sangue e flebo (flebo di EN (DELORAZEPAM) - KETOPROFENE e PARACETAMOLO) le son stati eseguiti sulle braccia nonostante la donna abbia informato l'infermiere la difficoltà, già nota, di trovare la vena nel braccio, richiedendo e consigliando il foro nella mano, richiesta e consiglio che non son stati assolutamente accolti.

Si è quindi proseguito a tentativi con più fori sulle braccia causando lividi molto estesi.
 Dopo essere stata visitata, visita che ha riscontrato addome palpabile ma dolente al fianco sx e positività alla manovra di Giordano (manovra per verificare problematiche renali), al colloquio per la dimissione le è stato riferito dal medico di turno che il problema che ha causato questi acuti dolori era semplicemente un problema “di testa”. 
- “Signora, il suo problema è tutto qui!” - le ha detto il medico di turno, indicando con il dito indice la tempia e ha proseguito dicendole: “Lei è una persona molto emotiva, dagli esami non è stato riscontrato nulla”. 
Dopo questo assurdo e frettoloso colloquio, la dimissione avviene con diagnosi: colia addominale, prognosi giorni zero e nessuna terapia a casa.


In data 20 Maggio, dopo 2 giorni di costante malessere e dopo altri 3 episodi di dolori acuti, si ritenta un accesso in PS ma questa volta non più al Policlinico ma all'ospedale di Baggiovara. 
Anche qui, viene applicata una flebo di antidolorifico, questa volta nella mano visti i lividi presenti nelle braccia e grazie a un  ECO addome completo, si riscontra la presenza di un calcolo.
Diagnosi: colica renale sinistra, prognosi 2 giorni, terapia a casa e impegnativa per visita urgologica in tempi brevi.
Al medico e agli infermieri del Ps di Baggiovara, è stata raccontata la diagnosi ricevuta al Policlinico: “problema dovuto alla testa” e purtroppo gli infermieri non ne sono rimasti particolarmente stupiti, hanno anche affermato che non era la prima persona che riportava questo tipo di racconto.
Penso che episodi di questo genere debbano essere segnalati perchè NON è accettabile entrare in un PS con fortissimi dolori al fianco e ricevere un trattamento simile, estremamente superficiale e con una diagnosi assurda e inaccettabile volta a insinuare disturbi psichici in un paziente in evidente stato di malessere fisico. 
Un trattamento che reputo anche discriminatorio perchè ho avuto la netta sensazione che lo stato di non vaccinazione al Sars-cov-II abbia avuto una sua rilevanza.
Mi auguro che episodi simili non siano all’ordine del giorno e che medici in grado di affermare che dolori causati da una colica renale possano essere invece causati (inspiegabilmente!) da stati di emotività vengano segnalati.
Ringrazio per l’attenzione.
Saluti
Cristina Tabacchi - accompagnatrice della paziente in PS

A fronte di questa lettera abbiamo chiesto una risposta contestuale alla Azienda ospedaliera. Eccola:

'La permanenza all’interno dei locali del Pronto Soccorso – come in quella di tutti gli spazi ospedalieri – prevede l’obbligo di mascherina. Si tratta di un obbligo motivato dall’esigenza di proteggere pazienti e operatori. Nel caso specifico, quindi, l’infermiera era tenuta a richiamare l’attenzione della paziente a mantenere la mascherina negli intervalli tra gli eventuali episodi di vomito' – ha spiegato il dottor Giuseppe Pezzuto, Direttore del PS del Policlinico.
Dal colloquio con il personale infermieristico risulta poi che un accesso venoso al braccio era stato rapidamente posizionato dall'infermiera, ma la paziente l'aveva fatto rimuovere riferendo che le causava intenso disturbo ed aveva insistito perché venisse posizionato sulla mano. 'Le vene della mano, tuttavia, sono piccole, fragili ed assai mobili, risultando solitamente meno adeguate per il posizionamento di un accesso venoso stabile. Proprio per tali ragioni la scelta della migliore modalità di reperire un accesso venoso viene effettuata dal personale infermieristico che è formato ed esperto, in base a valutazioni cliniche che sono appannaggio della professione sanitaria'.
Dal punto di vista medico la paziente si presentava molto agitata, ma dopo la terapia effettuata la sintomatologia dolorosa e lo stato di agitazione si erano rapidamente risolti. È necessario precisare che – come si evince dalla documentazione sanitaria - la diagnosi di colica addominale posta al Policlinico non era per nulla errata. Infatti, le indagini sono state condotte tenendo conto di tutte le possibili cause di dolore addominale compatibili con la sintomatologia riferita, senza escludere affatto la possibilità di litiasi (calcoli) renale. Nessun riferimento viene fatto ad un'origine psicologica dei sintomi. Sia gli esami di laboratorio che l'ecografia a letto della paziente, tuttavia, non avevano evidenziato elementi che permettessero di porre diagnosi di colica renale, obbligando il medico a limitarsi a quella più generica di 'colica addominale' (che può però comprendere la stessa colica renale). Nell'esame ecografico, effettuato dai medici del PS al letto della paziente, infatti, non si evidenziavano le alterazioni tipiche della colica renale. Anche la terapia effettuata in PS era corretta per la sintomatologia ed in particolare era adeguata anche per una colica renale. La paziente, accettata alle 10.17 e dimessa alle 12.21, aveva riferito benessere con regressione della sintomatologia.
Per le coliche renali è tipica la possibilità di dare recidive, come nel caso della paziente che poi si è recata al PS dell’Ospedale Civile. In questo caso i medici hanno effettuato le proprie valutazioni, dopo due giorni dal precedente accesso, avendo già sottomano la documentazione del Policlinico. Hanno potuto quindi affinare l’indagine diagnostica che, questa volta, probabilmente anche per uno spostamento di sede del calcolo, ha consentito la conferma del sospetto. Infatti è frequente che un calcolo piccolo e localizzato dietro ad anse intestinali possa inizialmente non essere individuabile ecograficamente, mentre la dilatazione renale è un segno più evidente e costante (ma non era presente nel primo esame in Pronto Soccorso). In sostanza, quindi, la diagnosi di colica renale nel secondo accesso è semplicemente un affinamento della diagnosi iniziale di colica addominale, laddove la prima diagnosi è servita a circoscrivere il problema escludendo condizioni più gravi, senza alcuna conseguenza negativa sulla paziente, anzi ponendo un primo termine di confronto rispetto all'evoluzione del quadro clinico.
'In nessun caso l'operato del personale è stato condizionato da criteri discriminatori di alcun tipo, quindi è assolutamente escluso che la condizione vaccinale o eventuali stati psicologici, possano aver influenzato negativamente la gestione della paziente. Tali dubbi ben più che adombrati nella lettera - afferma il dott. Pezzuto - rischiano anzi di risultare diffamatori, gettando discredito nei confronti di professionisti che dedicano ogni energia e passione alla cura delle persone'.
'Il personale infermieristico del Pronto Soccorso dell’Ospedale Civile nega con forza di aver fatto commenti sull’operato dei colleghi del Policlinico, considerazioni che non sono per altro contenute nel referto'. Precisa il dottor Geminiano Bandiera, Direttore del PS dell’Ospedale Civile. 
'La paziente – concludono Bandiera e Pezzuto - è stata comunque ben trattata nei due PS in funzione e proporzionatamente all’entità del suo problema in quel momento. Il personale del Pronto Soccorso è impegnato al massimo per rispondere a tutte le esigenze dei nostri pazienti, è importante che la cittadinanza ci aiuti rispettando le nostre competenze senza preconcetti'.

Redazione Pressa
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