Siamo lieti perché il crocifisso fa parte, al di là delle personali convinzioni religiose, della nostra cultura, delle nostre tradizioni che non dobbiamo dimenticare né abiurare solo per fare piacere a qualcuno. Perchè, come diceva la scrittrice Natalia Ginzburg, “il crocifisso fa parte della storia del mondo”.
E infatti la grande scrittrice comunista di origini ebraiche, appunto la Ginzburg, pubblicò sull’Unità nel marzo del 1988 un breve articolo che fece scalpore a sinistra, tra i puristi del marx-leninismo, ma che si dimostrò viceversa puntuale e argomentato al punto tale da apparire ancora oggi, dopo 35 anni, incredibilmente attuale.
Scriveva dunque la Ginzburg: “Il crocifisso non genera nessuna discriminazione perchè tace. Sono duemila anni che diciamo ‘prima di Cristo e dopo Cristo’. Il crocifisso è simbolo del dolore umano. La corona di spine e i chiodi evocano le sue sofferenze. La croce che pensiamo alta in cima al monte, è il segno della solitudine della morte.
Il crocifisso fa dunque parte della storia del mondo.
Per i cattolici, Gesù Cristo è il Figlio di Dio. Per i non cattolici può essere semplicemente l’immagine di uno che è stato venduto, tradito, martoriato, ed è morto sulla croce per amore di Dio e del prossimo.
Si dirà che molti sono stati traditi e martoriati per la propra fede. E’ vero e il crocifisso li rappresenta tutti. Perchè?
Perchè prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono tutti uguali e fratelli, ricchi e poveri, credenti e non, ebrei e non, neri e bianchi.
Gesù Cristo ha portato la croce. A tutti noi è capitato di portare sulle spalle il peso di una grande sventura. A questa sventura diamo il nome di Croce, anche se non siamo cattolici, perchè troppo forte e da troppi secoli è impressa l’idea della Croce nel nostro pensiero.
Gesù ha detto “ama il prossimo come te stesso”.
Erano parole già scritte nell’Antico Testamento, ma sono diventate il fondamento della rivoluzione cristiana. E sono la chiave di tutto.
Il crocifisso fa dunque davvero parte della storia del mondo.
Cesare Pradella