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Quinto Orazio Flavio. Noto più semplicemente come Orazio, morì il 27 novembre dell'8 a.C.; fu poeta lirico e scrittore satirico dell'antica Roma. Figlio di un fattore liberto, Orazio era di umili origini ma di buona condizione economica. Percepì le prime nozioni dalla nutrice Pullia, che amava raccontare fiabe. Orazio seguì poi un regolare corso di studi a Roma e poi ad Atene, dove studiò greco e filosofia. Dopo la morte di Cesare, quando scoppiò la guerra civile, Orazio si arruollò nell'esercito di Bruto, nel quale, il poeta, incarnò il proprio ideale di libertà.
Nella battaglia di Filippi Bruto perì e Orazio tornò in Italia e cominciò a scrivere versi. Con la sua poesia sostenne la figura di Augusto: esempi di propaganda per l'imperatore sono alcune sue Odi e il 'Carmen saeculare'.
Orazio è considerato uno dei maggiori poeti dell'età antica, fu un maestro di eleganza stilistica e dotato di inusuale ironia. Nei 'Sermones' Orazio rielabora profondamente le caratteristiche della satira.
Lo scrittore infatti affronta la morale e i vizi umani come conversazioni tra amici e i toni sprezzanti vengono sfumati. A ciò si affianca la sua spiccata componente autobiografica: molte scene comiche derivano dalla personale contemplazione della società di Orazio, che autoironizza anche se stesso. Il lettori si trovano di fronte ad aneddoti e brevi dialoghi, che spaziano da problematiche morali e filosofiche a comportamenti più ordinari. La 'filosofia' di Orazio è quella del carpe diem, che si fonda sulla considerazione che all'uomo non è dato di conoscere il futuro e che può intervenire solo sul presente; ogni azione deve cercare di cogliere le occasioni, le opportunità e le gioie che si presentano. Il pensiero di Orazio si basa quindi sull'imminenza della morte e sulla conseguente necessità di vivere la vita nel migliore dei modi, apprezzando e cogliendo cose semplici che la vita offre.
Redazione Pressa
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