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'Anita gode ancora di ottima salute ed è divenuta simbolo dell’emancipazione femminile. Anita è sorprendentemente viva e, paradossalmente, resiste al logorio del tempo meglio di Garibaldi, sempre più spesso bersaglio di invettive e accuse malfondate ma capaci di attecchire'. E' questa la tesi di fondo dell'ultimo libro dello storico modenese Luigi Malavasi Pignatti Morano che appena un anno fa aveva dato alle stampe un approfondito volume su Che Guevara (In sella a Ronzinante). Edito da 'Il Fiorino' con la collaborazione dell'Istituto per la Storia del Risorgimento italiano, il volume 'Anita, la riscorperta di un'eroina', come nello stile di Malavasi Pignatti Morano, è arricchito da una puntuale tela di Riferimenti bibliografici e da un dettagliato Indice dei nomi.
Il libro rilegge la storia dell''eroina dei due mondi', ripercorrendone con cura la biografia, per poi concentrarsi sul mito risorgimentale e fascista, inevitabilmente sfiorito proprio per questa 'appropriazione indebita' da parte delle camicie nere, ma poi risorto negli ultimi decenni in chiave - come detto - di emancipazione femminile. Una analisi storiografica che si avvale di documenti e testimonianza inedite, comprese quelle della pronipote di Giuseppe Garibaldi, Annita Garibaldi Jallet, ma che non si ferma a quelle e - come era avvenuto con il libro su Che Guevara - cerca di ricostruirne il mito analizzando, proprio attraverso Anita, il Secolo Breve. Un mito oggi divenuto iconico, oggetto di diverse pubblicazioni e finanche di racconti per bambini e fumetti nei quali Anita viene rappresentata come una convinta rivoluzionaria che si affranca persino dall'amore (pieno di gelosia) per Garibaldi per amore dei propri ideali.
E infine una nota personale, una concessione dell'autore che - nella conclusione - sveste i panni rigidi dello storico per lasciarsi andare a un dato personale. Anita è, infatti, il nome della bisnonna di Luigi Malavasi Pignatti Morano, ma anche di sua figlia.
'Mio padre in più di una occasione mi ha raccontato la storia di come fu scelto il nome della mia bisnonna. Nacque il 25 dicembre 1892 e per questo sua madre volle chiamarla Natalina. Non aveva però fatto i conti col marito che nella denuncia di nascita registrò la figlia col nome di Anita - scrive Malavasi Pignatti Morano -. Quello che so con certezza è il motivo per cui anche mia figlia si chiama Anita. In memoria della mia bisnonna, ovviamente, ma anche perchè scegliendo Anita mia moglie ed io abbiamo inteso evocare i valori che crediamo esso incarni, sull'esempio dell'amazzone brasiliana. Un'aspetto in particolare ci ha sedotti: il fatto che Anita fosse una donna libera. Per ciò che credeva giusto se ne infischiò della morale comune e delle malelingue, sfidò i pregiudizi della sua epoca e scelse di essere ciò che voleva decidendo di vivere a testa alta la propria femminilità in un mondo dominato dagli uomini'.
Il volume sarà presentato sabato 11 settembre alle 11 presso il Centro culturale Teatro Guiglia di via Rismondo a Modena.
Giuseppe Leonelli
Redazione Pressa
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