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Gaber con una chiave di lettura completamente laica la disse diversamente: la lbertà non è uno spazio libero e non è il disordinato volo di un moscone, ma è partecipazione. Ed è tutto in quell'avversativo, in quel 'ma', in quell'apparente limite che occorre dare alla libertà per renderla tale (anche se la condizione che viene posta è diversa e non strettamente laica), che si concentra il libro uscito di recente firmato dal cardinale Camillo Ruini e dal senatore Gaetano Quagliariello.
Il volume, 'Un'altra libertà - contro i nuovi profeti del paradiso in terra' edito da Rubettino e curato da Claudia Passa, parte dalla critica a quella che viene definita la 'dittatura dei nuovi diritti' (dalla morte assistita, all’aborto, alle unioni civili…). Dittatura che, secondo gli autori, in nome di un'idea di libertà individuale senza limiti né confini, finisce per compromettere i diritti dei più deboli e i fondamenti della civiltà occidentali.
L'idea di fondo è che la libertà dell'uomo non possa coincidere con il trasformare ogni desiderio in diritto esigibile, pena una deriva paradossalmente profondamente illiberale e contraria alla formale rivendicazione della libertà stessa.
'Nel porre la grande questione della libertà - scrive Ruini adottando ovviamente un approccio religioso -, Benedetto XVI ha qualificato l'adesione di fede come un'opzione nella quale l'uomo mette in gioco tutto se stesso, mentre ha respinto l'idea di una libertà intesa in maniera individualistica e posta come criterio unico dell'etica e dei comportamenti. Così concepita la libertà alimenta quel relativismo che poi degenera in una sorta di totalitarismo occulto'.
Ma quello che - semplificando - potremmo definire il 'limite necessario alla libertà' non trova nel volume solo una giustificazione religiosa. L'altra voce di questo dialogo a due (quella liberale interpretata da Quagliariello) offre infatti una cornice strettamente 'umana', liberale appunto, alla esigenza di non cedere a una idea di libertà assoluta.
'Sul piano della sfida antopologica si è cercato di sostenere che il confronto sia tra la scienza e l'oscurantismo - scrive in un passo Quagliariello -. Non è così. A ben vedere a scontrarsi sono due concezioni di scienza: l'idea di una scienza che abbia valore assoluto di per se stessa, astrattamente funzionale al progresso e non alla persona, e l'idea di una scienza che per potere definirsi tale debba sapersi porre dei limiti, e anzi assuma l'imperfezione come elemento della scientificità'.
Un libro che, toccando i principali temi etici su cui anche il Parlamento ha legiferato e legifererà e senza sfuggire da episodi concreti (su tutti il caso Englaro), pone interrogativi generali che indagano in profondità la definizione stessa di essere umano e di collettività.
Leo
Redazione Pressa
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