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Come trasformare una bad bank in una good bank

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Quando sei una banca e puoi contare sull'appoggio della Banca Centrale e del Governo e scaricare sugli investitori buona parte dei rischi finanziari, la cosa diventa anche più facile


Come trasformare una bad bank in una good bank
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Campagna acquisti per UBI Banca, una delle principali e più performanti banche italiane. Per la precisione quarto gruppo bancario italiano per capitalizzazione di Borsa e per numero di sportelli.

Con i suoi 1.531 sportelli, ubicati soprattutto nel nord Italia, circa 17.500 dipendenti, ed un piano industriale che prevede di portare i proventi operativi a quota 3,8 miliardi di euro nel 2020, UBI Banca ha fatto il miracolo: è riuscita a trasformare tre delle quattro “bad bank” italiane (stiamo parlando di Nuova Banca delle Marche, Nuova Banca dell'Etruria e del Lazio e la Nuova Cassa di Risparmio di Chieti) in “good bank”.

UBI Banca ha ottenuto infatti il via libera da Bruxelles per procedere con la chiusura delle trattative. Secondo la Commissione europea il piano di integrazione presentato dal gruppo bancario bergamasco «evita distorsioni indebite della concorrenza», e consente «il loro ritorno alla sostenibilità».

Ciò che ha cambiato l’aggettivo “cattivo” in “buono”, non è l’acquisto da parte di UBI Banca, anche se nella sostanza le cose stanno così, ma l’intervento della Banca d’Italia e del Governo che tramite il “Fondo nazionale di risoluzione” impedisce il fallimento delle banche in crisi, garantendo il normale funzionamento degli sportelli, il ripristino delle condizioni di sostenibilità economica della parte sana della banca e la liquidazione delle parti “restanti”.

Ma su chi grava la parte “cattiva” della banca, ovvero le sofferenze derivanti dai crediti deteriorati? Sugli azionisti, sui detentori di altri titoli di capitale, sui creditori subordinati, sui creditori chirografari, sulle persone fisiche e le piccole e medie imprese titolari di depositi per l’importo eccedente i 100.000 euro, come previsto dalla procedura denominata “bail-in”.  


Il costo dell’acquisizione, puramente formale, è di 1 euro, con un aumento di capitale da 400 milioni di euro da parte di UBI Banca, la ricapitalizzazione delle tre banche da parte del Fondo di risoluzione per circa 450 milioni, e la cessione, di circa 2,2 miliardi di euro di crediti deteriorati, di cui si farà carico il Fondo Atlante.

Ma quali vantaggi può avere UBI Banca da questa operazione?

Innanzitutto l’ingresso delle tre “good bank” permetterà al Gruppo di consolidare la presenza in numerose aree geografiche in cui è poco presente, con gli oltre 500 sportelli delle tre banche acquisite. Senza contare gli oltre 600 milioni di crediti fiscali, spalmabili in cinque diversi esercizi, che porteranno in dote le tre banche.

Ma è tutto così semplice e trasparente? Ovviamente no. I rischi ci sono. Ma il rischio fa parte dell’antico e difficile mestiere dell’imprenditore. Quando poi sei una banca e puoi contare sull’appoggio della Banca Centrale e del Governo e scaricare sugli investitori buona parte dei rischi finanziari, la cosa diventa anche più facile. L’importante che siano garantiti i rimborsi ai tanti risparmiatori che hanno subito perdite a causa di operazioni che definire fraudolente è puramente pleonastico.

Andrea Lodi


Andrea Lodi
Andrea Lodi

Vivo a San Prospero, in provincia di Modena. Sono aziendalista, specializzato in Pianificazione Strategica. Giornalista economico, da gennaio 2009 curo “Economix“, la rubrica economic..   Continua >>




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