La medaglia d’argento – una conferma del 2023 – è al collo del duo Miuccia Prada-Patrizio Bertelli (13,9 miliardi): la casa di alta moda, nonostante i vari rumors di dual listing a Milano, svolge le sue negoziazioni a Hong Kong, regione amministrativa speciale sotto il governo di Pechino, dove vige il bilinguismo cinese-inglese. Mentre l’oro, che sembra ormai inscalfibile, se lo aggiudicano gli eredi di Leonardo Del Vecchio (39,4 miliardi) che, seppur presenti a Piazza Affari con varie partecipazioni tra cui Generali, Mediobanca e Unicredit, devono la stragrande maggioranza della loro ricchezza azionaria al loro 32,5% detenuto nel colosso francese degli occhiali Essilorluxottica.
Insomma, quello che emerge dalla consueta classifica dei Paperoni di borsa è una tendenza in atto ormai da tempo: la ricchezza si sta spostando da Piazza Affari in cerca di altri lidi, magari più convenienti a livello fiscale o più presidiati da investitori istituzionali di peso.
Convocazione che, da questa Olimpiade, è stata estesa anche alle medaglie di legno (i quarti posti) di cui l’Italia si è aggiudicata il primo posto nel medagliere di Parigi. Se servisse una prova del nove, basterebbe guardare alla ricchezza aggregata dei Paperoni: depurato dai primi tre nomi, che tengono il dato in sostanziale equilibrio rispetto al 2023, il valore delle partecipazioni azionarie dei multimilionari tricolore si è impoverito di quasi il 6%, passando da 145 a 137 miliardi. Il tutto a fronte di un indice Ftse Mib che, nello stesso lasso di tempo (3 agosto 2023-2 agosto 2024), si è apprezzato del 9%.
Se ci si sposta dal quadro d’insieme alle singole realtà si possono trovare anche alcune storie interessanti. A cominciare dalle grandi dinastie imprenditoriali italiane. Oltre agli irraggiungibili Del Vecchio e alla riconquista del podio da parte degli Agnelli, in sesta posizione (due le piazze guadagnate) risalgono i Benetton. Dal 2022 orfana di Atlantia – oggi si chiama Mundys ed è una società privata –, la famiglia di Ponzano Veneto ha una ricchezza azionaria di 5,6 miliardi, grazie a partecipazioni di peso in una serie di realtà quotate tra cui Generali, Mediobanca e Cellnex.
Un’altra grande dinastia, quella dei Berlusconi, risale ben quattro posizioni e torna a insidiare la top 10, guadagnandosi il tredicesimo posto nel ranking. Il portafoglio della Fininvest, la cassaforte degli eredi del Cavaliere, si è apprezzata nell’ultimo anno di oltre il 20% grazie alle performance di borsa di Mfe, Mondadori e Banca Mediolanum e ora vale circa 3,4 miliardi. Proprio Banca Mediolanum, gioiello del risparmio gestito italiano nato dal sodalizio tra Ennio Doris e Silvio Berlusconi, ha fatto la fortuna in borsa degli eredi di Ennio (Sara e Massimo) e di sua moglie Lina Tombolato: il
Almeno altri due Paperoni presenti in top 10 meritano una menzione d’onore. Il primo è Piero Ferrari: quinto posto in classifica, un aumento delle consistenze azionarie del 37% (sopra gli 8 miliardi) grazie al boom borsistico della Rossa di Maranello, divenuto il titolo più capitalizzato di Piazza Affari. Ormai da anni uno status symbol dello stile di vita di altissima fascia a livello mondiale, la Ferrari è riuscita a smarcarsi sia dalle turbolenze del settore auto, sia da quelle (forse ancor più profonde) del comparto lusso, correndo un gran premio – metaforico, s’intende – diverso rispetto a tutti gli altri titoli quotati a Milano. Una corsa che si è riflessa anche nel patrimonio di Piero, erede dello storico fondatore Enzo.
L’altra menzione d’onore va a Francesco Gaetano Caltagirone. Il costruttore romano, ormai un investitore di professione grazie alle sue partecipazioni (e alle bagarre nelle governance) in Mediobanca e Generali, ha scalato quattro posizioni in classifica, sfiorando i 5,4 miliardi (+34% annuo) e aggiudicandosi il settimo posto in classifica.
Dalla graduatoria di quest’anno mancano infine alcuni storici habitué del ranking dei Paperoni. La famiglia Moratti è uscita completamente della graduatoria dopo la vendita delle quote di Saras e ora si dedica principalmente a investimenti in startup e aziende non quotate. Rimane invece, seppur con una quota fortemente ridimensionata (79 milioni contro i 940 del 2023) Diego Della Valle: senza più Tod’s, uscita dalla borsa dopo l’opa promossa dal fondo L Catterton, l’imprenditore marchigiano ha partecipazioni di minoranza solo in Piaggio e Rcs.