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“La legge di bilancio conterrà alcune limitate misure per accompagnare la crescita, con incentivi permanenti e stabili alle assunzioni dei giovani”, afferma il Presidente del Consiglio Gentiloni in occasione dell’apertura del Meeting di Comunione e Liberazione, tenutosi a Rimini alla fine di un mese di Agosto non particolarmente afoso.
Pare che la ripresa economica sia finalmente in atto, con la crescita del PIL nel 2017 stimata attorno all’ 1,3% (1,4% per Bankitalia); la migliore performance del Paese da sei anni a questa parte, anche se non siamo ai livelli degli anni pre-crisi (prima del 2008 il livello del PIL italiano era superiore di oltre il 6%). “Non era scontato tenere insieme crescita e avanzo primario. Non era scontato ma non basta”, avrebbe affermato un Gentiloni raggiante dei successi ottenuti dal suo Governo e da quello precedente.
“La sfida sarà la qualità della crescita in termini di lavoro e di contrasto all’esclusione sociale”. Parole sante, ma che rischiano di rimanere tali, se non si spiega ai nostri micro-imprenditori (quelli che rappresentano il 95% delle realtà economiche del nostro Paese), come si può fare coincidere la crescita occupazionale con l’aumento della pressione fiscale (il cosiddetto total tax rate) che grava sulle loro piccole aziende.
Secondo Gentiloni la legge di bilancio prevede “alcune limitate misure per accompagnare la crescita, con interventi molto selettivi” incentrati soprattutto sull’accesso dei giovani al mondo del lavoro con “incentivi permanenti e stabili alle assunzioni”, ad esempio con un dimezzamento dei contributi per 2-3 anni, seguito da un taglio strutturale del 3-4 per cento.
Misure che, secondo le stime del Governo, dovrebbero “spingere” le nostre imprese a garantire trecentomila nuove assunzioni ogni anno, per i prossimi anni.
Leggi anche l’articolo “La nuova rivoluzione industriale” pubblicato su LaPressa il 17/5/2017
Di diversa opinione è Annamaria Furlan, segretaria generale della CISL, che già al Congresso nazionale della CISL, ricordò al Presidente del Consiglio dei ministri che è necessaria una “radicale” riforma fiscale, che deve partire dal taglio dell’IRPEF non solo su tutti i dipendenti ma anche sui pensionati, e che deve avere come obiettivo ultimo, la semplificazione del sistema fiscale che, purtroppo, attraverso la sua farraginosità, tende ad allargare sempre più la forbice tra l’evasione accertate e quella recuperata, premiando così gli evasori (ricordiamo che l’evasione fiscale in Italia rappresenta almeno il 5% del PIL, ed è purtroppo in aumento).
Ciò che infatti il ministro Gentiloni ha dimenticato di spiegarci, riguarda un piccolo dettaglio, ovvero che le misure previste dalla Legge di Bilancio andranno a beneficio soprattutto delle Grandi imprese ovvero a quelle imprese che, secondo l’Ufficio Studi di Confcommercio, occupano il 19% dei lavoratori italiani e che determinano il 27,6% del valore aggiunto dell’intero sistema economico. Per le PMI (quelle che occupano l’81% dei lavoratori italiani e che determinano il 72,4% del valore aggiunto), che evidenziano esigenze e modalità produttive e gestionali differenti dalle Grandi imprese, spesso le misure governative si dimostrano inadeguate.
Occorre un rapporto diretto tra esenzione fiscale ed investimenti, puntando soprattutto sulla ridefinizione di un modello economico che, troppo spesso, si dimostra inadeguato alle sfide dell’economia globale. La parola chiave l’ha pronunciata proprio Annamaria Furlan: semplificazione. E’ questo ciò su cui si deve puntare nei prossimi decenni. Sempre che la corporazione della burocrazia, sia d’accordo. Ma su questo abbiamo molti dubbi. Non dimentichiamo che tale orpello grava sulle piccole imprese per il 4% del fatturato (poco più del 2% per le medie imprese), e che genera un “business” che vale all’incirca non meno di 25 miliardi di euro all’anno (solo alla voce “costi per le imprese”, perché nel complesso il costo della burocrazia è stato stimato attorno ai 73 miliardi di euro, pari al 3,6% del PIL).
Andrea Lodi