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Ne valeva la pena? E' questa la domanda che a caldo pone Di Battista sui social commentando la lista di ministri appena ufficializzata da Mario Draghi. Ovviamente il ribelle, un tempo anima dei 5 Stelle, si riferisce solo ai suoi ormai ex compagni di partito, ma la domanda vale per tutti. Ne valeva la pena?
Ne valeva davvero la pena per il Pd entrare in un Governo con sei ministri Lega-Forza Italia? Ne valeva davvero la pena per i 5 Stelle governare insieme agli odiati berlusconiani di ferro Brunetta, Carfagna e Gelmini? Ne valeva la pena per la Lega di Salvini accettare un Esecutivo con la Lamorgese agli Interni, la stessa che stava cancellando tutti i decreti sicurezza e che ha messo in pratica politiche sulla immigrazione opposte a quelle del Capitano? Per non parlare delle famose quote rosa, calpestate dall'asse Pd-Leu che inserisce ben quattro uomini su quattro.
Anni di parole al vento, anni di attacchi reciproci cancellati non in nome di una vera pacificazione sociale, figurarsi, ma di un compromesso al ribasso frutto del completo fallimento della politica.
Ma se la politica è, nel bene e nel male, espressione di un popolo, valeva la pena per gli italiani accettare che l'Europa commissariasse l'Italia attraverso un esecutivo-macedonia benedetto da Bruxelles solo per la presenza del garante Draghi? Garante rispetto ai fondi in arrivo che - per l'asse franco-tedesco - non potevano essere gestiti in proprio da quegli incompetenti e fanfaroni degli italiani.
Molti penseranno che oggi vale la pena tutto questo se domani il Governo otterrà risultati positivi. Ma in realtà anche questo sillogismo non regge. Anche nel miracoloso caso in cui Draghi dovesse salvare l'Italia, l'aver accettato un amministratore di sostegno lascerà comunque un segno indelebile, un marchio dal quale sarà impossibile affrancarsi. Un segno più profondo di un eventuale fallimento in proprio. Un segno che da oggi rende l'Italia un paese meno libero.
Giuseppe Leonelli
Redazione Pressa
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