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Incapaci di un'analisi approfondita, spaventati dalla complessità e smaniosi di aderire a un confortante pensiero unico che faccia da guida e protezione, i luoghi istituzionali del pensiero e della cultura italiani danno ancora una volta - nel momento più drammatico della storia recente europea - una imbarazzante prova di loro stessi.
Mentre in Ucraina la Russia apre un fronte di Guerra da tempo latente ma ben noto all'Occidente che oggi finge sorpresa, in Italia (ma non solo a onor del vero) si affronta la questione con le armi del provincialismo e del fanatismo da stadio. Le piazze si popolano di bandiere ucraine, i profili social si mimetizzano con il volto di Zelensky e i momumenti vengono 'dipinti' con luci gialloblù.
Oggi per essere nell'esercito dei 'buoni' in Italia occorre sventolare la bandiera ucraina e osare rileggere le tante contraddizioni della storia recente di quella Nazione (a partire dalla Guerra del Donbass), insieme, certo, alle aberranti vicende che hanno visto protagonista la Russia di Putin, diventa blasfemia.
Certo non mancano azioni umanitarie vere, non manca la solidarietà fraterna di gente che aderisce a raccolte di farmaci o di generi alimentari senza sventolare bandiere. Ma il contesto è da muro contro muro. Da lotta tra Bene e Male. Dimenticando, accettando lo scontro di civiltà proposto dallo stesso Putin, che l'unico Male è nella guerra in quanto tale, non nella condanna di un popolo rispetto a un altro popolo.
Il Ministro degli Esteri italiano Di Maio afferma che il presidente russo è peggio di un animale, l'Università Bicocca cancella un corso su Dostoevskij (salvo ritrattare), il teatro di Genova fa altrettanto, le squadre sportive russe vengono cacciate dalle competizioni internazionali e Gianni Morandi dalla piazza liquida il tutto con un 'quello lì è pazzo'.
La distinzione tra la condanna (sacrosanta) delle scelte belliche di un Governo, quello di Putin, e la condanna di un intero popolo sparisce e così la costruzione del Nemico è totale.
Eppure basta fermarsi un attimo a riflettere e anche la mente più semplice capisce che il punto oggi, con una guerra a poche centinaia di chilometri dal confine, con l'incubo reale di un conflitto atomico, non è demonizzare un popolo. Non serve censurare i grandi scrittori e maestri del pensiero russi, non serve ripromettersi di non bere mai più Vodka o di evitare l'insalata russa agli aperitivi aziendali.
Il male è la Guerra. Ma questo ormai sfugge. Perchè il concetto di 'Guerra' è troppo vago, occorre renderlo concreto, ridurlo sul palmo di una mano, poterlo toccare. Ed ecco allora che il Male viene impersonificato nel popolo russo in quanto tale, vengono affibbiate colpe precise e insindacabili. E chiunque provi a problematizzare il contesto viene visto come eretico, socialmente pericoloso.
Un meccanismo simile a quello utilizzato di recente nella lotta alla Pandemia. Il Covid è (o meglio era) un male troppo grande, astratto. Impalpabile. Occorreva renderlo concreto, occorreva creare un Nemico. E così dalla lotta sacrosanta al Covid si è passati alla guerra assurda ai no vax. Si è creata ad arte una frattura sociale tra vaccinati e non vaccinati, mettendo in crisi famiglie, amicizie e rapporti di lavoro. Si sono creati 'sorci', 'evasori', 'cani': la stessa istituzione universitaria che oggi cancella un corso su Dostoevskij ieri (ma ancora adesso) cacciava i professori e gli alunni non vaccinati. E chi provava ad alzare un dito veniva (e viene) additato come untore.
Ma non solo. Si è alimentata sfiducia nelle istituzioni e si è compromesso il senso di appartenenza a una comunità. Una deriva culturale che ora, con una guerra alle porte e con quelle discriminazioni ancora in campo, si paga a prezzo carissimo. Il popolo dei 'no vax' messo all'angolo, cede ad assurde derive 'filo-russe', mentre gli altri i sedicenti 'buoni', si schierano non contro la Guerra, ma al fianco di una Nazione contro un'altra. Con la bandiera della Pace in mano beatificano una nazione (non un Governo, ma una intera nazione) e ne maledicono un'altra. Un appiattimento totale, una semplificazione che trasforma la profondità del mondo in una bidimensionalità falsa e pericolosa. Perchè in un mondo a due dimensioni, dove vi è solo il bianco e nero, il baratro si fa profondo e, inevitabilmente, più vicino.
Giuseppe Leonelli