Quarant’anni fa il cantautore Francesco Guccini pubblicava il brano “Shomèr Ma Mi-Llàilah”, cioè proprio la domanda “Sentinella, quanto resta della notte?” nell’originale ebraico di Isaia. E rendeva così la risposta: “La notte, udite, sta per finire, ma il giorno ancora non è arrivato; sembra che il tempo nel suo fluire resti inchiodato. Ma io veglio sempre, perciò insistete, voi lo potete, ridomandate. Tornate ancora se lo volete, non vi stancate”. La vita umana sembra un immenso sabato santo, una richiesta di luce sospesa nel vuoto, un grido di senso immerso nel buio. Per Guccini infatti: “una risposta non ci sarà… la risposta sull’avvenire è in una voce che chiederà”.
Mc 15,33). È come se la storia ci avesse convocati tutti e contemporaneamente sul Golgota, in quelle tre ore di oscurità dove si danno appuntamento i mali della terra: dalle miserie alle ingiustizie, dalle guerre alla distruzione delle specie viventi, dalle malattie alle violenze di ogni sorta, dagli sconvolgimenti naturali agli attentati contro la vita... Lì, ai piedi dell’innocente crocifisso, la domanda risuona: “quanto resta della notte?”. È difficile oggi parlare al futuro, tanto che gli anziani coniugano i verbi quasi solo al passato e i giovani quasi solo al presente.
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