'I leghisti dicono che occorre liberare l’Emilia-Romagna insultando la storia antifascista della nostra Regione. Ma cosa significa oggi liberare l'Emilia-Romagna? Per me oggi significa liberarla da una criminalità organizzata che tiene sotto assedio l’economia regionale'. Così Stefano Lugli candidato presidente de L'Altra Emilia Romagna punta il dito su un tema centrale e messo in secondo piano in questa campagna elettorale, quello del radicamento mafioso in Emilia Romagna.
'In Emilia-Romagna la criminalità organizzata ha oggi un radicamento senza precedenti, anche grazie alla collusione di settori della società che hanno aperto le porte dell’economia e delle professioni alle mafie. L’Emilia Romagna è la terza regione in Italia per lavoratori irregolari, la quarta per interdittive antimafia emesse e la quinta per riciclaggio. È qui che si è svolto Aemilia, il secondo maxiprocesso del nostro paese contro un’organizzazione criminale di stampo mafioso, dopo quello di Palermo del 1986.
È l’unica regione, insieme al Piemonte, che conta al proprio interno tutte le mafie italiane e tutte le mafie straniere. Tutto questo non possiamo accettarlo e ciò che è stato fatto è evidentemente insufficiente' - afferma Lugli che sottolinea poi i punti del programma della lista. 'Vogliamo istituire osservatori antimafia in ogni provincia e una commissione consiliare permanente sulla criminalità organizzata quale luogo per analizzare, studiare e avanzare proposte e soluzioni al contrasto alla criminalità organizzata con la partecipazione effettiva delle associazioni anti-mafia del territorio. Vogliamo proseguire e intensificare il contrasto al gioco d’azzardo patologico e arrestare la diffusione di locali che ospitano apparecchi elettronici con vincite in denaro. La lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata passa anche per un cambiamento profondo del nostro sistema sociale ed economico, che tolga l’acqua in cui galleggiano le mafie: per questo l’Altra Emilia-Romagna si impegna a garantire politiche di lotta alla povertà e sostegno ai giovani.
È dimostrato che i lavori in appalto costano di più di quelli gestiti direttamente da un sano sistema pubblico, per cui vogliamo che le modalità di affidamento degli appalti d’opera e quelli di servizio siano radicalmente cambiate: occorre fermare il massimo ribasso, impedire il sub appalto, garantire eguaglianza di diritti e di retribuzione a parità di lavoro. La subalternità della politica regionale ai poteri economici mette a rischio la credibilità delle istituzioni e distrugge risorse pubbliche senza alcun vantaggio per i cittadini. Questa subalternità va interrotta mettendo al centro i cittadini attraverso percorsi di reale partecipazione democratica e nuove regole sulla trasparenza della spesa pubblica e degli appalti pubblici. Vogliamo che la fase di approvazione della manovra economica regionale sia accompagnata ogni anno da un bilancio partecipato con cui la giunta discuta e condivida le scelte con i cittadini'.
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