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L'Unione dei Comuni della val d'Enza decise di rivolgersi al centro Hansel e Gretel, onlus torinese al centro della recente inchiesta 'Angeli e Demoni', dopo il caso delle 'baby squillo' scoppiato nel 2013 a Bibbiano e Montecchio. E' la ricostruzione, fatta 'a posteriori' e riferita oggi nella sua audizione davanti ai consiglieri regionali della commissione speciale di inchiesta sulla tutela dell'infanzia da Monica Pedroni. La responsabile per i Minori del Servizio sociale dell'Unione, chiarisce prima di tutto che la scelta di affidare al centro diretto da Claudio Foti (nella foto) le terapie psicologiche dei bambini non fu lei a prenderla. 'Non posso rispondere di scelte che non ho fatto io', spiega Pedroni. 'Ma in quel periodo storico - aggiunge - la Hansel e Gretel era un'associazione, una onlus, riconosciuta a livello nazionale come esperta in questi interventi'.
Quindi, 'la ricostruzione che io ho potuto fare, ma la faccio oggi a posteriori, è quella per cui credo che quel servizio in grande difficoltà, a partire da questa situazione che si era creata nel 2013, si rivolse a questo centro per avere supporto, supervisione, nell'ottica di qualificare questi interventi'. Pedroni segnala poi che al momento i casi sottoposti al suo ufficio riguardano soprattutto richieste per situazioni di violenza assistita segnalate dai carabinieri, quindi contesti familiari in cui a subire è la madre, ma la tutela va estesa anche ai figli.
La funzionaria evidenzia anche che, dopo lo scoppio dell'inchiesta a fine giugno, la pressione mediatica che si è sviluppata da giugno ad oggi ha portato i servizi sociali ad essere 'sotto assedio', soprattutto nei mesi di luglio e agosto.
Si sono verificate, dice Pedroni, 'minacce, con azioni verbali e non solo che hanno comportato una grossa sofferenza di tutti coloro che operavano a Barco di Bibbiano (sede dei servizi sociali, ndr) ma anche negli altri Comuni: si è colpito l'intero bacino territoriale'. Dopo aver assicurato che al momento i servizi sono in una fase di 'complessiva riorganizzazione', Pedroni lancia anche un allarme: 'Le famiglie affidatarie - dice - sono state nell'occhio del ciclone di questa inchiesta e quindi etichettate anche come possibili risorse che si attivano per un proprio guadagno personale o per sottrarre bambini alle loro famiglie. Io credo che tutto questo mini anche le fondamenta di questo sistema di sostegno e aiuto'. L'affido, ribadisce la responsabile dei servizi della val d'Enza, 'non nasce per questo scopo ma come ponte tra una famiglia in difficoltà e un'altra famiglia che si offre anche in modo solidale per essere di aiuto e far crescere un bambino nel migliore dei modi'.
Redazione Pressa
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