Covid Emilia Romagna: su 204 campioni, 28% positivi a variante inglese

In particolare individuati 22 casi a Bologna, 4 a Ferrara, 13 a Modena, 8 a Parma, 3 a Reggio Emilia e 7 in Romagna

La prima analisi dei campioni si era basata sul test inverso, cioè un’indagine molecolare che non riconosce la variante inglese e in caso di esito di negativo indica quindi una verosimile positività, e aveva individuato 66 possibili casi. Dopo questo primo screening si è quindi passati agli esami di sequenziamento del virus, più approfonditi e che possono richiedere fino a 48 ore per ogni batteria di campioni: il risultato finale è stato di 57 casi confermati come variante VOC202012/01, questo il nome scientifico della variante inglese: 22 a Bologna, 4 a Ferrara, 13 a Modena, 8 a Parma, 3 a Reggio Emilia e 7 in Romagna.
L’indagine, avviata a livello nazionale su mandato dell’Istituto Superiore di Sanità, in Emilia-Romagna è stata condotta dall’Unità operativa di microbiologia dell’Ausl della Romagna a Pievesestina di Cesena, diretta dal professor Vittorio Sambri, e dal Laboratorio di analisi del rischio ed epidemiologia genomica della sezione di Parma dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia ed Emilia-Romagna, sotto la guida del dottor Stefano Pongolini; il tutto, in collaborazione con la Regione - servizio Prevenzione collettiva e sanità pubblica - e i Dipartimenti di Sanità pubblica delle Aziende sanitarie territoriali. I tamponi positivi selezionati per l’analisi in Emilia-Romagna appartengono ad altrettanti cittadini scelti a caso ma in modo proporzionale rispetto al numero di abitanti delle singole province, fra i positivi individuati nei giorni 4 e 5 febbraio
“Siamo in grado con assoluta certezza di identificare la variante inglese con i metodi diagnostici, abbiamo tutte le evidenze scientifiche che sia controllabile con gli anticorpi del vaccino - spiega il professor Sambri -, e non ci sono dati incontrovertibili sulla sua maggiore trasmissibilità, anche se per ora appare probabile. In totale accordo con i colleghi dell’Istituto zooprofilattico di Parma e il dottor Pongolini, tutti i nostri sforzi in questo tipo di indagini sono mirati alla ricerca di nuove eventuali varianti: solo così facendo potremo essere tempestivi e fare tutto il necessario per individuarne e contenerne la diffusione”.
Un secondo studio in atto
E intanto l’attività di prevenzione e isolamento delle possibili varianti da parte della sanità regionale ha segnato un altro passo in avanti: venerdì 12 febbraio è stata effettuata una seconda raccolta di campioni, un totale di 177 casi scelti in modo casuale su tutto il territorio, da Piacenza a Rimini. La prima analisi, quella molecolare, più rapida ma meno accurata, è già stata effettuata, e sono risultati positivi 85 casi. In attesa degli esami di sequenziamento del virus, applicando la stessa percentuale di conferma dei primi test che è stata dell’86% è possibile quindi stimare 73 campioni positivi alla variante inglese, che equivalgono al 41,3% del totale. Come per la precedente batteria di campioni, solo il sequenziamento del virus potrà indicare con certezza la diffusione della variante inglese.
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