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Assoluzione Casari: le motivazioni. Per i giudici 'la Cpl non fu collusa, ma vittima'
La Pressa
Ecco le 120 pagine con le motivazioni della assoluzione definitiva. 'Infine - scrivono i giudici - manca la prova di qualsiasi vantaggio illegittimo conseguito da Casari sia nella fase di acquisizione della concessione, sia nella fase successiva di acquisizione della posizione dominante'
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La sentenza è passata ufficialmente in giudicato il 3 luglio 2020. Con la rinuncia della Procura di ricorrere in Cassazione rispetto all'assoluzione in Appello perchè il fatto non sussiste, l'ex presidente Cpl Roberto Casari è stato definitivamente assolto dall'infamante accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.
E oggi è possibile leggere le motivazioni con cui la Corte di Appello di Napoli è arrivata alla conclusione che toglie ogni ombra sull'operato di Casari nella vicenda della metanizzazione del casertano.
Nel testo di 120 pagine che ripercorre lo svolgimento dell'intero processo, i giudici in più punti descrivono la Cpl di Casari non 'collusa' come ipotizzato dall'accusa, ma come 'vittima' di un 'sodalizio col quale non scende a patti'.
Motivazioni che è giusto leggere con cura e che pongono, con la sentenza, la parola fine alla odissea giudiziaria dell'ex leader della cooperativa concordiese.
I fatti, come noto, riguardano i lavori di metanizzazione dell'Agro Aversano svolti dalla Cpl Concordia a partire dal 1998. Per l'accusa Casari, insieme a Giuseppe Cinquanta e Giulio Lancia (anche loro assolti), si sarebbero accordati con gli esponenti apicali della camorra campana - e in particolare coi reggenti dei clan Schiavone e Zagaria - che stavano appunto gestendo l'affare della metanizzazione.
Ebbene, già in primo grado l'accusa veniva spazzata via. 'Esclude in definitiva il giudice di primo grado che il clan dei Casalesi abbia avuto nella fase di conseguimento da parte della Cpl Concordia dei titoli per svolgere i lavori di metanizzazione del Bacino Campania 30 - si legge nel testo delle motivazioni - che in qualche modo abbia contribuito a fare sì che la predetta società si imponesse nel territorio in posizione dominante, che dunque la stessa potesse considerarsi 'collusa'. Ritiene, anzi, che essa sia divenuta 'vittima' in quanto soggiogata dalla intimidazione del sodalizio col quale non scende a patti ma del quale subisce il danno ingiusto'.
I giudici di primo grado non negano però il ruolo di intermediario avuto da Antonio Piccolo (condannato nello stesso processo di Casari a 10 anni in primo grado e a 6 in Appello e al quale è stato riconosciuto il Concorso esterno), un legame che viene meglio spiegato nel processo di Appello. Per i giudici - recitano ancora nelle motivazioni - effettivamente la scelta di Casari di rivolgersi ad Antonio Piccolo 'non può essere casuale ed è determinata sicuramente dalla necessità di evitare di avere rapporti diretti con la camorra. Nonostante gli sforzi del Tribunale e di questa Corte di ricostruire l'accordo cui i collaboratori di giustizia hanno fatto riferimento (in particolare Antonio Iovine aveva dichiarato esistente un accordo che aveva visto implicati la politica, la camorra, gli imprenditori locali e la Cpl Concordia) non è stato possibile delinearne i contenuti'. Scrivono a riguardo i giudici che 'è plausibile che la scelta che la scelta di affidarsi ad Antonio Piccolo, imprenditore di Casapesenna sia stata determinata dal suo conservato legame col territorio'.
Insomma, l'unica cosa confermata nelle motivazioni è la scelta della Cpl di Casari di avere Piccolo come referente.
Ma chi era Piccolo?
'Antonio Piccolo all'epoca dei fatti era un imprenditore scevro da precedenti penali, che si era trasferito al Nord, dove svolgeva attività lecite. Se da un lato la Cpl aveva accettato di eseguire i lavori nel territorio aversano perchè si sentiva protetta dalla presenza di Antonio Piccolo, è vero dall'altro che la ditta modenese era stata prescelta per l'esecuzione di quel lavoro dai massimi vertici dello Stato (dal senatore Diana) dagli enti locali e dai commissari prefettizi di alcuni Comuni del Bacino Campania. Se Cpl aveva scelto Piccolo come referente sul territorio, allo stesso tempo le imprese che materialmente dovevano eseguire i lavori nei vari Comuni del Bacino erano indicate direttamente dai sindaci di quegli enti e comunque si trattava di imprese munite delle certificazioni antimafia'.
E poi, sempre nella parte di motivazioni che spiegano la assoluzione di Casari, un elemento che toglie ogni dubbio residuo.
Il dato economico.
'Infine - scrivono ancora i giudici - manca la prova di qualsiasi vantaggio illegittimo conseguito da Casari sia nella fase di acquisizione della concessione, sia nella fase successiva di acquisizione della posizione dominante, anche perchè va ricordato che la Cpl ha iniziato i lavori investendo e anticipando cospicue risorse finanziarie nella metanizzazione dell'agro aversano, in parte non recuperate'.
Giuseppe Leonelli
Redazione Pressa
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