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In questi giorni la nostra redazione ha provveduto alla lettura integrale dell'ordinanza del Gip che ha portato ad indagare 27 persone nell'ambito dell'inchiesta Angeli e Demoni.
Un documento di 277 pagine difficile umanamente e professionalmente da leggere, per la crudezza di quanto descritto. Alcuni aspetti sono già emersi, ma da oggi in poi proveremo a dare conto, carte alla mano, in modo organico del lavoro svolto dagli inquirenti. Dai casi particolari riguardanti singole storie di bambini dati in affido (storie che le carte stesse raccontano essere legate anche al territorio di Mirandola), al profilo che viene tracciato degli indagati. Ovviamente stante la presunzione di innocenza che vale per tutti gli indagati fino al terzo grado di giudizio, ma nel rispetto del diritto di cronaca per cercare di contribuire a offrire gli elementi evidenziati dagli stessi inquirenti in un caso che sta sconvlgendo non solo l'Emilia ma l'intero Paese.
Una lettura, quella che daremo degli atti, che volutamente evita ogni tipo di analisi e commento, limitandosi a riportare i brani più significativi.
Cominciamo oggi da un dato che nell'ordinanza del Gip descrive la 'personalità' di una delle figure chiave della inchiesta: Federica Anghinolfi, responsabile del servizio minori dell'Unione Val D'Enza.
Due psicologhe impiegate nel settore guidato dalla Anghinolfi descrivono in questo modo l'atteggiamento professionale della loro responsabile e dell'assistente sociale Francesco Monopoli, anch'egli indagato.
'Loro tenevano in mente prevalentemente l'obiettivo 'abuso sessuale' e tutto ruotava attorno a tale obiettivo e su di esso ci veniva richiesto di orientare i nostri accertamenti anche quando vi erano versioni alternative all'abuso su cui lavorare e da approfondire. Io non lavoro con l'obiettivo che il minore mi debba rivelare un abuso e loro pretendevamo in maniera pressante che ciò avvenisse da parte non solo mia, ma anche degli altri operatori.
Qualsiasi tentativo da parte nostra di riferire che a nostro parere non vi erano ipotesi di abuso veniva tacciato per negazionismo. E' evidente che essendo molte di noi in servizio con contratti a termine evitavamo di portare fino al contrasto le nostre perplessità ma è altrettanto evidente che tale 'orientare' gli elementi di cui andavamo alla ricerca verso gli abusi ha intimorito molte di noi sulle possibili conseguenze che prima o poi tale sistema sarebbe stato messo sotto la lente di ingrandimento della magistratura; l'obiettivo che mi veniva indicato costantemente e con ritmi e pressioni esasperanti dalla Anghinolfi e da Monopoli era quello di mettere all'attenzione della magistratura minorile episodi di presunti abusi sessulali, maltrattamenti o violenza assistita che avrebbero ben potuto essere spiegati in maniera diversa e soprattutto necessitanti di maggiori approfondimenti senza invece le forzature e le chiavi di lettura unidirezionali che mi venivano detto di dare. Il taglio era sostanzialmente univoco in tale direzione e tutti lo sapevamo. Non avrei mai osato indicare circostanze favorevoli ai genitori o che spiegavano i fatti diversamente, nelle relazioni sembrava volutamente e sempre tra le righe che tutto fosse abuso sessuale o maltrattamento, questo parrebbe a chiunque leggesse quelle relazioni'.
Giuseppe Leonelli
Redazione Pressa
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