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1980, a Bologna nasce Il Casalone: dove tutto (o quasi) è cominciato

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Intervista a Gianni Carati, protagonista fondamentale della scena musicale bolognese


1980, a Bologna nasce Il Casalone: dove tutto (o quasi) è cominciato
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Nella storia recente di Bologna, il 1980 è probabilmente l'anno più importante, le ragioni sono diverse, in tutti i quartieri c'erano nuove energie pronte a trasformare la città e a farla diventare un riferimento internazionale per la musica e la cultura in genere; il Bologna Rock, prima, e il concerto dei Clash, poi, sono gli eventi che fecero comprendere a tutti che si poteva osare (come dice sempre Oderso Rubini); per approfondire l'argomento ho incontrato in via Dagnini, Gianni Carati, tra i fondatori del Casalone e grande conoscitore di uomini e storie bolognesi.

Raccontami come nasce il tuo amore per la musica.
A Bologna c'era bisogno di rock, qualcosa stava accadendo nelle cantine, nell'underground, il fermento culturale era sotto gli occhi di tutti; io e il mio amico Gabriele partecipiamo al Bologna Rock, poi aggiungi qualche passaggio in Inghilterra, il concerto dei Jam a Brighton nel 1981 poi ovviamente i Clash in piazza Maggiore, evento organizzato da Mauro Felicori, che rappresentò un tentativo di ricucitura dell'amministrazione cittadina con il mondo giovanile nel clima post '77.

Dopo il Bologna Rock volevo dare il mio contributo per dare continuità a quell'evento.

Sempre nel 1980 inizia l'esperienza del Casalone.
Per quanto riguarda me e i miei amici, dopo le tante serate al Punto Club di Vignola, un'ex Casa del popolo dove c'era molta vita musicale, ci poniamo la domanda, ma non possiamo creare anche noi una realtà equivalente nel nostro quartiere, a San Donato? C'era questo edificio in restauro, una vecchia casa colonica, chiediamo di potere avere uno spazio, all'inizio ci furono molte difficoltà a causa della burocrazia, siccome eravamo 2/3 compagnie che si erano unite, decidiamo di iscriverci in massa alla commissione cultura del quartiere con lo scopo di esautorare il Presidente, nello stesso tempo partiamo con un'occupazione; organizziamo una tre giorni di concerti, nel parco del Casalone, senza autorizzazione, ogni giorno un genere diverso, punk, soul, beat e qualcosa della prima new wave; arrivano i vigili, ma ci lasciano fare.

A quel punto cosa succede?
Dopo una settimana si presenta il Presidente del quartiere, una persona onesta, ci dice: 'Ragazzi, non c'era bisogno di occupare, firmiamo un patto fra gentiluomini e fra sei mesi facciamo il punto della situazione'. Da quel momento cambia tutto, dovevamo darci da fare; iniziamo ad organizzare gli spazi col nostro gusto e per le nostre esigenze; mettiamo un tavolo da ping-pong, un biliardino, iniziamo un'attività di bar, la partecipazione esplode, tante compagnie che si ritrovano nello stesso posto, pensa che un giorno viene a trovarci il parroco lamentandosi che nessuno andava più in parrocchia.

Quali erano le vostre influenze?
I nostri riferimenti erano legati principalmente alla musica, eravamo fan dei Jam, dei Clash, del punk, del mondo mod, soprattutto Inghilterra e poi qualche buona lettura, Jack London, George Orwe ll, collaboravano con noi alcuni reduci del '77 che avevano tentato di prendere il sopravvento, ma successivamente capirono che il loro momento era pass ato.

Cosa ricordi dei Clash?
Quando esce London Calling cerco il disco per trasmetterlo in radio, ma non lo trovo, alla fine ne rubai una copia d'importazione in un negozio di dischi. I Clash erano il tratto di congiunzione tra il mod e il punk, l'hard-core; Joe Strummer era un genio, uno naif, i Clash facevano della gran musica, erano uno dei nostri gruppi preferiti, ma per primo ero un fan dei Jam; quando si sciolsero, facemmo la serata per elaborazione del lutto, quelli che entravano ricevevano del materiale sui Jam; tutto il percorso di Paul Weller, ogni suo nuovo disco è pieno di cose; per me il più grande e non solo per me; i Jam erano il gruppo del popolo, i Clash erano diversi, Paul Weller è sempre legato alla working class.

Quale fu il vero momento di svolta?
Dopo un anno dall'apertura, decidiamo di cominciare con delle serate, distribuiamo alcuni volantini in via Zamboni, all'appuntamento arrivano mille persone; da quel momento tutti i giovedì l'appuntamento è fisso e si va avanti per anni; gli incassi cominciano a lievitare; tutto viene sempre investito per il Casalone, impianto di allarme, ricambio d'aria, creiamo una cooperativa di pulizie, finanziamo una squadra di calcio femminile, una squadra di basket, una palestra, due sale prove, avevamo una grande capacità di spesa; anni dopo scoprii che Dave Grohl utilizzava le nostre sale prove, come anche Neffa, nascevano grandi professionalità, il tecnico del mixer è diventato collaboratore fisso di Vasco Rossi.

Come procedevano i rapporti con l'amministrazione?
Col Comune sono sempre stati alti e bassi, ho conosciuto tutti, Vitali, Imbeni, Guazzaloca, ho sempre avuto un ottimo rapporto con tutti, forse con Giorgio Guazzaloca quello migliore; lo stesso discorso vale per le relazioni con le persone del quartiere.

Come funzionava la gestione del Casalone e come avete gestito il dramma dell'eroina in quartiere?
Alcuni di noi erano ovviamente più attivi, ma Il Casalone veniva comunque gestito da un'assemblea, c'era un resoconto delle spese e degli incassi; in quartiere c'era il problema terribile della droga, tutti avevano un tossicodipendente in famiglia, c'erano ovviamente persone, tossicodipendenti, che volevano partecipare alle nostre attività, noi gli chiedevamo, da illusi, di mollare l'eroina; in pochi casi comunque ci siamo riusciti; eravamo comunque un'attrattiva per i tossici, perché eravamo una vera alternativa alla vita di strada; noi eravamo del quartiere, non potevamo voltarci dall'altra parte.

Mi raccontavi di un bel rapporto con un ispettore della Polizia.
Esatto, una persona che mi è rimasta nel cuore, si era presentato da gentleman, se avevamo problemi lui ci sarebbe stato e ci avrebbe dato una mano; veniva a trovarci tutti i giovedì, ci trovavamo con lui in una stanza, bevevamo qualcosa insieme e facevamo una chiacchierata; ad un certo punto sorsero problemi con un comitato di quartiere e organizzammo un'assemblea al Casalone, proteste teleguidate da alcuni elementi del PSI; durante la serata una rappresentante dei socialisti tuonò contro di noi attaccandosi al discorso dei permessi, delle licenze, ad un certo punto interviene una persona con una lunga sciarpa rossa: 'Posso intervenire? Sono il capo della Polizia del quartiere San Donato, coi ragazzi ho un rapporto straordinario, nella zona c'è il deserto, questi ragazzi vanno apprezzati.' Socialisti, democristiani e anche i comunisti rimangono in silenzio, dopo pochi secondi arrivarono solo applausi scroscianti; pochi anni dopo fu trasferito in Calabria, non l'ho più sentito, mi dispiace davvero.

Tra i vostri 'fan', a sorpresa, anche un consigliere del MSI
Un giorno arrivano persone del PCI e mi chiedono se ero amico dell'unico consigliere del MSI di Bologna, io gli rispondo di no, loro mi dicono che votava sempre le delibere a favore del nostro centro giovanile; io gli risposi che evidentemente era una persona intelligente. Alla fine lo incontro e glielo chiedo e lui: 'Sai perché voto a favore? Perché frequento il Casalone e mi diverto, è talmente bello che sarei un cretino a votare contro'.

Passiamo alla musica, quali sono stati i concerti più memorabili tra quelli che avete organizzato?
Nella prima parte erano concerti legati al movimento garage punk, i Sick Rose ad esempio, probabilmente agli inizi, quello dei Not Moving di Piacenza è quello più memorabile; il mio amico Federico Ferrari, con cui collaboravamo per gli eventi, era giornalista di Rockerilla, Buscadero, Rumore, aveva contatti coi più importanti rappresentanti della scena underground di quegli anni; dopo iniziamo anche a fare concerti con gruppi stranieri, ricordo i New Model Army, quello fu davvero un grande evento. Ad un certo punto nasce il Qbò, un mega locale in un ex cinema, concerti strepitosi, durò solo qualche anno; una sera al Qbò suonano i Cramps (non sono sicuro, ma direi di sì), noi avevamo una serata che terminava coi Gang, loro suonano fino alle 4 del mattino e il pubblico del Qbò al termine della serata coi Cramps viene da noi, un'altra serata da ricordare. Poi molti gruppi mod. Federico Ferrari e Gabriele organizzavano i concerti, sono loro che hanno le relazioni con le agenzie, spesso anche di amicizia, poi arriva Alberto Artese che comincia a portare i cantautori americani, folk, country, poi grazie a dei contatti milanesi arrivano gruppi inglesi come i Dodgy, e lì esplode tutto, Federico Ferrari intanto organizza una mini tournèe con Prozac +, Subsonica, Scisma, Blu Vertigo. Da lì a poco finisce l'esperienza del Casalone e nasce il Covo.

Per rimanere aggiornati sulle varie scene, facevate anche nelle capitali straniere per vedere cosa accadeva?
Ogni anno andavo a Londra a verificare cosa accadeva, anche Gabriele, Federico invece andava negli Stati Uniti. Gabriele era uno dei primi punk di Bologna, io uno dei primi mod; eravamo una bella miscela.

Poi ci sono le due edizioni del raduno Hard-Core.
Su proposta di Steno, il cantante dei Nabat, organizzammo per due anni un raduno hard-core, un genere che non frequentavamo, avevamo anche qualche timore per il pubblico che poteva venire, scoppiarono infatti le polemiche, anche politiche, interpellanze, parlavano di orde di nazisti che sarebbero arrivati a Bologna; niente di vero, ma all'interno del locale c'era comunque una sensazione di violenza diffusa, nulla di grave alla fine, ma grande stress, ci fu l'ultimo concerto dei Negazione.

L'organizzazione del Casalone comincia a cambiare.
Ad un certo punto ci dividiamo in due gruppi, uno gestiva il piano di sopra, noi quello di sotto; gli altri ragazzi iniziano eventi legati al principalmente al reggae ma organizzano anche coi CSI e con Henry Rollins; quando inizia l'esperienza del Covo ricordo le serate Brit Pop in una sala e in quell'altra dj set trance imballate di gente; le serate trance erano gestite dai Technogod, un gruppo molto famoso all'estero; Cesare Cremonini era fisso a quelle serate. Poi arrivano Daniele Rumori e Max Bonini, ma lì inizia un'altra storia. La gestione volontaristica non poteva più funzionare, serviva una gestione diversa e noi ci siamo fatti da parte, senza nessun problema, eravamo felici che ci fosse un legame con la nostra esperienza.

Qualche aneddoto particolare?
Sicuramente quando Bob Dylan, dopo un concerto a Modena, chiese di essere portato a Bologna per conoscere Il Casalone, gliene avevano parlato alcuni musicisti e voleva organizzare un concerto da noi, passò ma trovò chiuso perché l'edificio era in ristrutturazione; una cosa importante è che molti dei fondatori del Livello 57, del TPO erano frequentatori del Casalone; sempre presenti alle nostre serate. Noi abbiamo sfruttato il momento giusto senza forzature, era un momento storico dopo la chiusura della fase più politica, una socialità meno pesante, basata sulla musica; tieni conto che ogni anno a Bologna arrivano studenti nuovi a cui della politica magari poco importa e che certamente non sanno nulla di quello che era successo prima. A posteriori appare come una cosa non più replicabile, era nato tutto spontaneamente.

Stefano Soranna

Stefano Soranna
Stefano Soranna
Mi occupo di comunicazione e pubblicità da un po' di tempo. Su La Pressa scrivo di musica, libri e di altre cose che mi colpiscono quando sono in giro o che leggo da qualche parte. La..   Continua >>

 
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