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40 anni fa il concerto dei Clash a Bologna, la città che sapeva osare

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Intervista ad Oderso Rubini, autore di Bologna 1980, il libro che ne celebra l'anniversario


40 anni fa il concerto dei Clash a Bologna, la città che sapeva osare
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Lunedì 1 giugno 1980, oltre 40 anni fa, in Piazza Maggiore a Bologna i Clash live, un evento che segnò un’intera generazione. Se si pensa che quel concerto sia caduto dal cielo ci si sbaglia di grosso, lo show di Joe Strummer e soci arrivò in un periodo di straordinaria creatività tutta bolognese. In quel momento storico il capoluogo emiliano era in contatto con New York, San Francisco, Londra. Ferruccio Quercetti e Oderso Rubini hanno scritto un bellissimo libro per celebrare quell’evento e in più in generale il periodo, titolo BOLOGNA 1980, editore GOODFELLAS.

Ho telefonato ad Oderso Rubini, testimone e protagonista di quegli anni. Un visionario che meglio di altri comprese il potenziale di quella generazione di creativi bolognesi. Quasi due ore di racconti incredibili.

Partiamo da Francesco Lorusso, lo studente morto durante gli scontri del marzo 1977.

Che atmosfera c'era nei giorni successivi a quel terribile evento?

L'atmosfera era pesante, c'era smarrimento, la morte di uno studente non poteva non colpire tutti quanti. La città era praticamente militarizzata, per noi era troppo, c'erano manifestazioni, ma non giustificavano quel presidio. Io studiavo al Conservatorio, in pieno centro, all'inizio di via Zamboni. Quando uscivo e trovavo quella situazione mi faceva un certo effetto, non potevi non rimanerne colpito. Giravano ovviamente varie voci su quello che era successo a Lorusso, la maggioranza delle persone pensava che fosse stato un omicidio voluto. Sono stati giorni allucinanti, quella tensione durò circa una settimana, poi piano piano ognuno riprese la propria vita, ma quella situazione te la portavi dentro. Poi aggiungi tutto il resto, Radio Alice che fu chiusa perché ritenuta la radio del movimento, uno spazio dove le persone potevano esprimersi e raccontare le proprie sensazioni, non c'era mai stata una possibilità del genere, vale ovviamente anche per tutte le altre radio libere appena nate.

Parlami dei rapporti tra la sinistra extra parlamentare e il PCI bolognese?

I rapporti erano tesissimi, ideologicamente non erano distanti, ma in quel momento il PCI era un avversario. La contrapposizione era forte, dall'esterno l'amministrazione di Bologna era considerata virtuosa, non era pensabile per il PCI che ci fosse contrasto coi giovani, con gli studenti. Si percepiva, tra l’altro, che alcune persone erano disposte ad abbracciare la lotta armata. In quel momento si guardava a nuove forme di linguaggio, di libertà, al pensare alla vita in un modo diverso, il PCI in quel momento era altro.

Dopo mesi di tensione, nel settembre del 1977 si svolse il Convegno Nazionale sulla Repressione.

Il Convegno fu un grande momento di unione, ricordo in particolare l'atmosfera che si respirava durante le manifestazioni collegate, una sensazione che ho forte ancora oggi. Essere in tanti, a manifestare tutti insieme, con le stesse idee, dava molta forza, non eri solo, avevi la sensazione di appartenere ad un organismo molto più grande di una singola persona, è difficile da spiegare. Tutto quell'evento vedeva al centro la creatività, il gioco, il Drago che sfilava, la Banda, i piccoli eventi musicali, ma anche socialità e politica. Una sensazione molto positiva, in quei giorni sono nate le prime formazioni musicali punk, fu preparata una doppia cassetta chiamata ‘Sarabanda’, in una ci trovavi le registrazioni della chiusura di Radio Alice e dei giorni più difficili dopo la morte di Lorusso;  l'altra era una cassetta di musicisti, quasi tutti cantautori, ma conteneva anche il primo pezzo punk italiano, ‘Mamma dammi la benza’ del Centro D’Urlo Metropolitano, poi Gaznevada.  Si esibirono in Piazza dell'Unità, non avevano praticamente repertorio, ma suonarono questo pezzo che era particolarmente emblematico, un incitamento alle famiglie a darti energia, forza. Non ho avuto conferme, ma a vedere quell'esibizione sembra ci fossero alcuni componenti degli Skiantos che prenderanno forza da quel concerto per registrare la loro prima cassetta sperimentale, due mesi dopo. C'era ovviamente l'aspetto politico, gli incontri al palasport con Umberto Eco, i filosofi francesi venuti apposta, ma poi c'era la festa, la banda, gli attori che facevano piccoli spettacoli. La Rai venne a documentare e ricordo che i suoi operatori vennero presi in giro dai partecipanti, ma l'aspetto più divertente era un certo clima benevolo, dagli autisti dei bus ai vigili urbani, tutti dicevano che era bello vedere i giovani divertirsi. Il PCI aveva capito che bisognava andare verso l'inclusione, l'atmosfera era cambiata, che poi è uno dei motivi che porterà al concerto dei Clash.

Uno dei momenti più importanti fu senz'altro Il Treno di John Cage.

Assolutamente, il Treno di John Cage nasce perché a Bologna c'era un direttore d’orchestra, Tito Gotti, incaricato ogni anno di immaginare e proporre eventi musicali innovativi in spazi architettonici e urbani, ribaltando le più comuni prospettive funzionali di spazi scenici tradizionali. Queste manifestazioni si chiamavano Feste Musicali e si tenevano d'estate. Il Maestro Gotti era anche un appassionato di treni e gli venne in mente che sarebbe stato bello organizzare un evento su un treno che viaggiava. Consultandosi con altri colleghi venne fuori il nome di John Cage, considerato il più rivoluzionario compositore del secolo. La richiesta ufficiale a John Cage fu fatta attraverso Gianni Sassi della Cramps. In un primo momento declinò l'invito perché aveva problemi agli occhi, ma poi arrivò un suo progetto di due pagine, scritto a macchina intitolato 'Alla ricerca del silenzio perduto'. Tutti ne furono entusiasti e si mise in moto la macchina dell'organizzazione. Io e i miei soci alla fine del '77 avevamo costituito una cooperativa, la Harpo's Bazaar. Avevamo anche un piccolo studio di registrazione, anche se in realtà quello lo avevamo realizzato prima io e un altro degli allievi del corso di musica elettronica del Conservatorio. Poi durante il Convegno del '77 conoscemmo alcuni studenti del DAMS, allievi di Gianni Celati, e fondammo la cooperativa, eravamo in 9. Iniziammo così a far lavorare lo studio di registrazione, producendo le prime cassette di Gaznevada, Luti Chroma, Windopen. Grazie allo studio e al fatto che avevamo buoni rapporti con il mondo delle cooperative, chiesero a noi di preparare il materiale sonoro da utilizzare sui treni durante i viaggi. Nei mesi precedenti l'evento, due collaboratori di Cage, Juan Hidalgo e Walter Marchetti, vennero a Bologna; uno dei due andava in giro a registrare i suoni nei luoghi dove il treno si sarebbe fermato. Alla sera tornava in studio e io, Carlo 'Cialdo' Capelli e Juan Hidalgo isolavamo le parti di audio che ci sembravano più interessanti e ne facevamo dei loop che riversavamo su una cassetta della durata di un'ora. Alla fine realizzammo dieci cassette per ogni stazione che venivano riprodotte durante le fermate. Sulla banchina della stazione, ad accogliere il treno, c'erano poi cori, bande, gruppi rock, solisti. I viaggi furono tre, Bologna-Porretta, Bologna-Rimini e Rimini-Ravenna in tre giorni diversi. Anche sul treno c'era di tutto, oltre ai semplici spettatori/viaggiatori, trovavi musicisti, performers, artisti visivi; c'era una carrozza postale con un pianoforte, un grosso sintetizzatore; c'erano anche microfoni nei bagni, sulle ruote. Una delle cose più divertenti avvenne durante la preparazione dell’evento quando Cage fece un viaggio di prova da Bologna a Porretta per ascoltare i rumori del treno e dell’ambiente; a un certo punto appoggiò l’orecchio al pavimento per sentire i suoni che provenivano dalle rotaie e dal treno; un pendolare, ignaro di quello che stava succedendo, fece una battuta fulminante all'emiliana: “Oh, l’è arrivè al zenerel Caster!”  (Oh, è arrivato il generale Custer). Per me il Treno è stato fondamentale perché io e tante altre persone abbiamo capito che si poteva osare, che si poteva immaginare anche l‘impensabile. Una grande festa popolare che oggi forse non sarebbe ipotizzabile; c'era voglia di sperimentare. Sul treno ci fu una prestazione memorabile di Demetrio Stratros, solo voce; c'erano artisti spagnoli del gruppo Zaj, e chiunque poteva esprimersi. 30 anni dopo, nel 2008, abbiamo organizzato l’anniversario, cercando di rispettare le caratteristiche della versione originale. L'effetto è stato lo stesso, famiglie entusiaste, persone normali che acquisivano la consapevolezza di una libertà creativa che riguardava anche la loro vita. Mentre preparavo il catalogo della mostra dei trent’anni, contattando i testimoni di quell'evento, tanti mi hanno detto la stessa cosa, quel treno ci ha cambiato la vita, ci ha aperto gli occhi, potevamo fare qualunque cosa, che ovviamente avesse un senso e che comunicasse qualcosa.

Raccontami della Traumfabrik.

Tutto nacque dall'esigenza di Filippo Scozzari di trovare un posto dove andare a disegnare, per altri studenti del DAMS un posto dove andare a vivere; avevano perciò occupato questo appartamento in via Clavature, in pieno centro a Bologna. Gli obiettivi erano diversi, ognuno personalizzava quella casa come voleva. La Traumfabrik diventò una piccola factory, costituita in modo del tutto naturale e spontaneo; si occupavano di fumetti, disegno, arte e anche di musica. Un luogo che attirava persone anche da fuori Bologna, grazie soprattutto al DAMS. Nella fabbrica dei sogni, si disegnava furiosamente, anche sui fogli delle aziende, sempre ascoltando musica. Il Centro D’Urlo Metropolitano ovvero i Gaznevada sono nati lì. A Bologna quella fu una scuola, dopo la Traumfabrik nacque il gruppo Valvoline. La Traumfabrik era partita con Filippo Scozzari, da lì erano passati Tamburini, Liberatore, Pazienza, si sperimentava, si facevano collage, si giocava con le fotocopiatrici; il Cannibale nasce lì dentro, alcune tavole di Andrea Pazienza nascono lì. Si pensava che tutto quel materiale fosse andato perso, poi una ventina di anni fa venne fuori uno scatolone pieno di disegni. Con quel materiale fu fatta una mostra, adesso stiamo provando a far acquisire il materiale dal Museo di Arte Moderna di Bologna per non rischiare che vada disperso. Durante la mostra, fu fatta anche un'asta con alcune opere, ma ce ne sono ancora parecchi. La Traumfabrik durò almeno qualche anno. Alcune copertine dei Gaznevada, degli Stupid Set nascevano come idea alla Traumfabrik, poi dopo venivano ‘messe a norma’  da noi (Anna Persiani), ma le basi erano lì. La casa è stata occupata dal 76 fino all'83/84. C'era ovviamente un grosso problema di droga, l'eroina.

Come arrivò l’eroina a Bologna?

Per noi non è stata una cosa casuale, per noi che vivevamo a Bologna in quegli anni una percezione netta di come andarono le cose ce l’abbiamo. Dopo il Convegno del 1977 arrivarono in città enormi quantità di droga a costi bassissimi. Allora sospettavamo una operazione da servizi segreti. L’uso dell’eroina non lascia spazio ad altro, non pensi sicuramente a fare manifestazioni, a occupare immobili o cose simili. Ovviamente certezze non ne avremo mai, ma la quantità era troppa, e i dubbi permangono ancora oggi. Le persone più deboli sono finite dentro a quel tunnel, cambiando la loro vita definitivamente; inoltre per molti l'eroina rendeva più creativi, fu una maledizione in qualche modo al momento non percepita. 

Il mito di Bologna si diffuse negli Stati Uniti, fu merito solo del lavoro di Francesca Alinovi o grazie anche ad altro.

Bologna arriva negli USA grazie all’ampiezza delle tante realtà che proiettavano le loro attività a livello globale: sicuramente Francesca Alinovi, ha avuto un ruolo decisivo nell'ambito artistico, delle arti figurative, oltreché per le sue relazioni con i musicisti americani in ambito New Wave, ma poi Mariuccia Casadio per il mondo della moda e del cinema indipendente, Giancarlo Bocchi che poi fonderà Musica80, realizzata a Bologna nella sua dimensione grafica. Lo stesso nome della nostra etichette, Italian Records, era una palese dichiarazione d’intenti verso umondi come New York e San Francisco da esplorare. Tutto questo incrocio di relazioni ha poi fatto sì che in America si generasse un forte interesse verso Bologna perché gli americani cominciarono a domandarsi cosa stava succedendo da noi. In città arrivavano Basquiat e Keith Haring, parecchi musicisti  americani (Tuxedomoon, Arto Lindasy, Steve Piccolo), registi e intellettuali. In qualche modo Bologna era diventata un punto di riferimento come New York e San Francisco, e con esse ha condiviso un flyer trovato a New York che le definiva le tre città libere del mondo. Avevamo ovviamente rapporti anche con Londra, soprattutto in ambito prevalentemente discografico e musicale (Rough Trade, Virgin, 4AD, etichette con le quali collaboravamo prendendo in licenza per l’Italia alcuni dei loro dischi). La nostra ambizione era anche  quella di stampare i nostri artisti in Inghilterra. I ‘boyz’ del Disco d'Oro andavano a Londra ogni due settimane e in città eravamo sempre aggiornati sulle ultime novità. Le componenti che portarono Bologna ad essere conosciuta all'estero erano tante, alcune più importanti, altre meno, ma tutte assieme fondamentali.

Poi arriva il Bologna Rock.

Il Bologna Rock nasce da una mia idea: vengono da me Roberto Antoni (Skiantos) e Roberto Terzani (Windopen) per chiedermi di organizzare un loro concerto in un cinema parrocchiale di Bologna. Avevamo prodotto e distribuito le loro cassette (Inascolatble e Wind Open Rock!) e volevano fare concerti per promuoversi; ci pensai un po' sopra e dissi loro che se dovevamo far fatica per un concerto che sarebbe rimasto confinato in ambito bolognese, tanto valeva osare con qualcosa di più significativo, per far conoscere i nostri gruppi a livello nazionale, e andare poi a suonare in giro per l'Italia. Proposi quindi di organizzare un evento al Palazzo dello Sport; dopo qualche attimo di perplessità, perché lì abitualmente ci suonavano i grandi gruppi stranieri, decidemmo che  ne valeva la pena, quindi selezionammo tramite demo dieci gruppi sconosciuti, a parte gli Skiantos che avevano fatto il primo 45 giri con la Cramps, affittammo il palasport per 600mila lire e così nacque il Bologna Rock sottotitolo dalle cantine all’asfalto. Il gruppo di lavoro era costituito dalla cooperativa, da qualche musicista, soprattutto Skiantos e da amici giornalisti/fiancheggiatori. Non volevamo un presentatore sul palco, e proiettammo dei filmati sul soffitto del palasport, cose tipo Blade Runner o scene porno che le femministe contestarono. I nomi degli artisti erano proiettati sul tetto, questo serviva ad introdurre gli artisti sul palco senza bisogno del presentatore. Ci aspettavamo 2mila spettatori, ma il momento era quello giusto e i giornalisti ne parlarono anche fuori Bologna. Alla fine arrivarono 6mila persone, alcuni erano fuori ma li facemmo entrare. L'effetto che ottenemmo fu quello immaginato, alcuni musicisti capirono che potevano campare di musica, avevamo compreso che esisteva un mercato. Molta gente venne da Milano, Roma, Firenze, Torino, quindi una presenza molto forte da fuori regione. Molti dei milanesi facevano parte del centro sociale Santa Marta, i riferimenti erano i Kaos Rock e le Kandeggina Gang; sei mesi dopo organizzarono al Palalido ‘Rock & Metropoli’, 10mila persone. Quindi a Bologna 6mila e a Milano 10mila, era la prova che c'era attenzione verso il nuovo rock italiano, che valeva la pena di investirci. Nel maggio 1980 usciamo con i nostri primi dischi (6 LP e 6 45 giri) per la Ricordi; a ‘Rock & Metropoli’ era presente Gianni Sassi della Cramps che decise di produrre per la collana Musica 80 altri 6 singoli di gruppi sconosciuti. Voilà la scena era nata e il Bologna Rock aveva fatto la sua parte.

Parlami delle performances al Bologna Rock.

Il gruppo più interessante furono i Confusional Quartet, all'epoca dei ragazzini che stupirono per la loro diversità, qualcosa di molto lontano da quello che la gente era abituata ad ascoltare; poi ovviamente i Gaznevada, che passato il periodo di Mamma dammi la benza, erano diventati più duri: il testo del loro 45 giri Nevadagaz, è sicuramente tosto, molto onirico, nella descrizione del mondo che verrà. “A mezzanotte per le strade di Berlino Est |Automi con le divise della NSA |cospargono le strade di Nevadagaz |svastiche al neon sui muri della città. Si sono congelati i grattacieli di New York | si stanno suicidando gli operai della Ford | ho ripreso conoscenza in un albergo di Hong Kong ! la TV sta trasmettendo un attacco dei vietcong….' Senza dimenticare l'alieno Andy J. Forest, il bluesman americano che in quegli anni viveva a Bologna. Dopo la ‘Spaghetti’ performance degli Skiantos, che fomentò a dir poco molta confusione, col gruppo che lo accompagnava, gli Stumblers, tutti musicisti italiani, attaccò un talkin' blues lentissimo che riuscì a riportare la calma tra il pubblico. La gente aveva gettato sul palco di tutto (uova, farina, acqua, lattine, cartacce, ecc), qualcuno tentò di ribaltare il mixer ma Andy con la sua armonica riuscì a riportare la calma. La chiusura iconoclasta fu dei Gaznevada, ma anche grande eleganza dei Luti Chroma, dei Windopen, dei Naphta. 

Arriviamo a Ritmicittà, com'era il gruppo di lavoro?

In realtà non ci trovavamo, facemmo una riunione preparatoria per individuare le linee del lavoro. Il concerto dei Clash sarebbe stato il culmine, ma c'erano anche altri spettacoli, artisti molto diversi, gruppi jazz, teatrali, la Big Band del Conservatorio. L'idea era di mettere in campo tutta la creatività di Bologna. Eravamo 5/6 strutture dietro a tutto l'evento con il Comune da capofila.

Come mai i Cafè Caracas furono scelti per aprire il concerto dei Clash?

Noi proponemmo i Cafè Caracas, un gruppo di Firenze formato tra l’altro da Raf e Ghigo Renzulli. Con loro stavamo registrando 8/9 pezzi, avevano un'anima reggae e pensammo che poteva essere divertente farli suonare prima dei Clash. Ovviamente come tutti i gruppi spalla furono contestati, Raf non fu molto contento, ma succede sempre così. L'organizzazione del concerto era tutta del Comune, loro avevano i rapporti con l'agenzia dei Clash, noi nei fatti diventammo comuni spettatori. 

Mi interessa sapere come hai trascorso la giornata dei Clash.

Il ricordo preciso ce l'ho solo del concerto dei Clash, ma anche perché prima e dopo non successe quasi niente, ricordo che avevamo trascorso un po' di tempo coi Cafè Caracas, ma nient'altro di importante. La sera ero sul palco a scattare alcune foto e a godermi il concerto, anche per noi era un evento straordinario. Uno dei più importanti gruppi punk al mondo viene a suonare nella tua città, tu sei lì sul palco, io me la sono goduta, mi sono goduto il fatto che le persone erano contente, la quantità di gente, l'energia che emanavano i Clash, energia positiva, Joe Strummer era una forza della natura. Delle contestazioni dei RAF Punk neanche si resero conto; poi anche loro erano curiosi di conoscere Bologna, se la sono vissuta bene, hanno sempre sostenuto che fu uno dei loro concerti più belli. Come sai ci fu qualche momento di stress perché non arrivava il batterista, Nicky ‘Topper’ Headon, non se è vera, ma me l'hanno raccontata così, si dice che il batterista dei Cafè Caracas venda la notizia (falsa) che fu lui a suonare coi Clash. In realtà si sacrificò il batterista dei Whirlwinds che accompagnava i Clash per tutto il tour.

Raccontami dei Clash in giro per Bologna al termine del concerto.

La cosa più importante fu il confronto coi RAF Punk di cui parlo nel libro, non successe molto altro. Ci tengo a smentire invece la diceria che Joe Strummer volesse indossare la maglietta delle BR. Quando lo fece in Inghilterra era incosciente, non lo avrebbe mai fatto a Bologna, gli spiegarono chi erano i terroristi. Poi ci sono anche i ricordi dei giornalisti con cui ho parlato, Massimo Buda che incontrò Joe Strummer  in albergo, poi come sai il concerto fu spostato perché il giorno successivo si teneva un comizio del PSDI in piazza, il segretario del partito era Pietro Longo, Paul Simonon chiese chi era Pietro Longo, perché avesse rotto le scatole.

Tutti presenti. Tante, troppe persone affermano di esserci state a quel concerto. In realtà il racconto degli amici presenti era così coinvolgente ed entusiasta che anche chi non c’era stato aveva la sensazione di esserci stato. 

Quindi lo dicono in buona fede?

Esattamente!

Il racconto riportato nel libro mi pare davvero completo.

Sono molto contento perché nel libro c’è tutto, non abbiamo omesso nulla, io, ad esempio, ho scoperto che c'erano i Centocelle City Rockers di Roma che si incazzarono coi contestatori; per tanta gente è stato un momento importante, dopo il concerto, in tanti hanno iniziato a suonare. 

Come fu il giorno dopo? Le prime emozioni post concerto?

Eravamo ovviamente tutti molto gasati per quello che avevamo vissuto, poi ci siamo confrontati coi miei soci, nel nostro ufficio, in particolare sui Cafè Caracas con cui stavamo producendo un singolo.Ghigo Renzulli abbandonò la band per andare a costituire i Litfiba e del disco non se ne fece più nulla.

Conoscerai senz’altro le raccolte curate da Gianlorenzo Giovannozzi sulle varie scene New Wave/Post Punk italiane. Recentemente è uscita la compilation lombarda, la qualità è molto alta, ma in Emilia i gruppi erano molti di più. Ci siamo confrontati sulle ragioni, una potrebbe essere che il concerto dei Clash abbia dato la carica a tanti ragazzi mentre a Milano, in quegli anni, non c’è stato un evento così importante.

Milano era la città della discografia e quello condizionava, dovevi essere già pronto, i produttori facevano fatica a prendere in considerazione realtà emergenti. A Milano poi c'era una bella scena jazz, più che rock. Aggiungo una cosa che mi ha sempre colpito nei miei primi contatti con le grandi case discografiche, in particolare con la Ricordi; la grande etichetta non si affidava a progetti originali, che avessero autenticità, bisognava partire da qualcosa che aveva già avuto successo e in qualche modo imitarla. Tutta la scena milanese è stata compressa, poi certo, se avessero avuto un evento come il live dei Clash…


Stefano Soranna

Redazione Pressa
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La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, ..   Continua >>


 
 
 
 


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