La notizia apparsa in questi giorni inerente al processo di riorganizzazione e ristrutturazi
Alleanza 3 .0, nata dalla fusione delle tre cooperative di consumo emiliane di Modena-Ferrara, Reggio Emilia e Bologna sta faticando pesantemente nella gestione industriale. Essa ha realizzato pesanti perdite nel 2017 e non è riuscita a controbilanciare e neutralizzare le difficoltà gestionali attraverso la leva finanziaria creata dalla forbice tra incassi e pagamenti e dai risultati derivanti dall'uso del grande prestito da soci, situato sui libretti individuali, utilizzando il differenziale tra quanto riconosciuto come interesse ai soci prestatori e quanto ricavato dal suo investimento in attività finanziarie.
Tale leva finanziaria ha avuto ed ha un ruolo decisivo nel supportare i risultati economici complessivi dei bilanci annuali della cooperativa ed è un suo elemento positivamente distintivo.
La integrazione tra le tre cooperative precedenti a suo tempo avvenuta e sostenuta con grande enfasi comunicativa, non evidenziava elementi importanti di innovazione del modello imprenditoriale e di gestione industriale ma è apparsa una 'sommatoria' in continuità di gestione senza indicare come affrontare i nodi e le criticità che integrazioni tra imprese di quel genere e di quella dimensione inevitabilmente propongono.
Con una visione critica si può sostenere, inoltre, che il numero dei dirigenti delle tre realtà, assommato, determinava una struttura manageriale eccessiva sia nel costo che nei benefit erogati. Essa però, è la vera detentrice del potere interno ed è molto conservativa del proprio ruolo e status, risultando frenante rispetto ai necessari cambiamenti.
Una parte significativa del recupero di economicità e concorrenzialità che la fusione poteva originare è quindi venuta a meno e si è prodotto il risultato inverso bruciando, di conseguenza, significative risorse patrimoniali.
Chi pensava, come chi scrive, che quella integrazione era necessaria già da diversi anni e
Occorre, ora, mantenere lucida razionalità e sottolineare che la fusione era necessaria e rimane essenziale, ma che essa avrebbe dovuto originare, in parallelo, una significativa innovazione del modello imprenditoriale, della organizzazione e della gestione, cosa che non si è concretizzata.
Questa considerazione impone di riflettere criticamente sulla visione strategica dei gruppi dirigenti, sulla loro professionalità manageriale e cooperativa, su modalità e tempi decisionali, sui meccanismi di selezione della governance, sul ruolo dei Cda, sulle relazioni tra manager e Cda, sul ruolo dei meccanismi di controllo, sul ruolo dei soci, sul livello reale della partecipazione consapevole dei soci di base. Spesso le elite dirigenti di queste grandi cooperative a larghissima base sociale polverizzata e dispersa su diversi territori, connotate da uno scambio mutualistico debole (si diventa soci con 50 euro) appaiono conservative ed auto referenti. Il sistema dei bilanciamenti/contrappesi tra elite di governo, manager e Cda, soci di base e loro rappresentanze appaiono deboli o inesistenti.
Considerando il grande peso economico, occupazionale, sociale, politico, di influenza e comunicativo (Alleanza 3.0 ha la proprietà della
Se ne è parlato e se ne parla da anni senza esiti significativi e senza approdare a proposte concrete praticabili. Il Sistema non appare in grado di autoriformarsi efficacemente e sarebbe utile e di stimolo un confronto più ampio, allargato alla politica ed alle forze sociali. Occorrerebbe, per impostare una discussione seria, approfittare del prossimo imminente congresso nazionale della associazione delle coop di consumo e di Legacoop nazionale.
Serve inoltre mettere a fuoco, in modo laico e non pregiudiziale, il tema dei controlli e della tutela del prestito da soci (centinaia e centinaia di migliaia di soci prestatori per diversi miliardi di risparmio), superando l'attuale autocontrollo interno alle cooperative che in più casi si è dimostrato inefficace, mettendo in campo un controllo, maggiormente incisivo, esercitato da enti indipendenti esterni o dalla stessa Banca d'Italia.
Roberto Vezzelli - ex presidente Legacoop