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'L’apertura a Modena di un nuovo Cpr, un Centro di permanenza per i rimpatri per prevenire il fenomeno della clandestinità, può avvenire solo a condizione di assicurare personale aggiuntivo, qualificato e adeguatamente formato, e di offrire piene e totali garanzie per il rispetto dei diritti umani e della dignità delle persone”.
Lo ha detto il sindaco di Modena Gian Carlo Muzzarelli, al termine dell’incontro con i parlamentari sui temi della sicurezza, ripetendo ciò che già aveva già affermato nel maggio del 2017, quando il Ministro Minniti rilanciò l'ipotesi di riaprire il Cie di Modena, nella sua sede di via La Marmora, rivisto nella nuova dimensione di CPR (Centri di permanenza e rimpatrio). Non se ne fece nulla, nonostante l'allarme legato alla grande quantità di clandestini ed irregolari presenti e di fatto liberi di circolare sul territorio confermasse la necessità di rimettere in funzione le strutture deputate per legge a trattenere, controllare e, appunto, rimpatriare, coloro che in Italia non possono stare.
Perché da anni, fin dai tempi della legge Turco - Napolitano, fin da quando Minniti era Viceministro dell'Interno nel governo Prodi e sostenne i centri di espulsione, il tema del trattenimento, del controllo e del rimpatrio degli stranieri clandestini ha diviso la sinistra. Una divisione emersa nuovamente nella contrietà espressa da Art 1 - MDP l'ottobre scorso e che solo l'immobilismo del non fare nulla, del silenzio di Minniti e del governo dopo gli annunci dell'estate, ha nascosto. Una divisione che ritrova oggi una copertura nella riproposizione di una posizione comune comoda, quasi ovvia, al punto da essere senza fatica bipartisan sintetizzata a tutti nel dire si ai CPR a condizione che....gli organici, i diritti, la sicurezza. Quelle stesse condizioni poste l'estate scorsa, così come allo stesso Minniti Viceiministro nel governo Prodi, e alle quali seguì il nulla; condizioni che oggi rischiano solo di offrire il pretesto per un altro nulla.
Una storia che si ripete
Fu l'emergenza sbarchi dall'Albania della fine degli anni 90 (quando i richiedenti protezione vennero alloggiati nell'area militare di Saliceta San Giuliano, alle porte di Modena), che il problema legato ai grandi flussi migratori si pose per la prima volta in modo massiccio anche nella nostra provincia. Fu da quella esperienza che gli allora ministri Pds-Ds del Governo Prodi, Livia Turco e Giorgio Napolitano, promulgarono una legge che contemplava l’istituzione dei Centri di permanenza temporanea per tutti gli stranieri “sottoposti a provvedimenti di espulsione e o di respingimento con accompagnamento coattivo alla frontiera non immediatamente eseguibile”: i CPT (Centri di permanena temporanea). A Modena, dopo un lungo dibattito politico, venne realizzata la struttura di via La Marmora, quella che ospitò il Cie e nella quale dovrebbe trovare sede il CPR. Sessanta i posti disponibili.
I CPT previsti dal governo di centro-sinistra furono mantenuti da quello di centro destra che ne ridefinì e funzioni all’interno della Legge Bossi-Fini. E anche per questo le critiche della sinistra più radicale (rappresentata dall’allora rifondazione comunista che aveva messo proprio il superamento dei CPT tra i punti dell’appoggio alla coalizione di governo guidata dal Sindaco Pighi, nel 2004), si fecero più insistenti. Con tanto di consiglieri comunali e di partito a manifestare davanti ai cancelli di via La Marmora, giudicando quelle strutture 'Carceri', chiedendone la chiusura o la riconversione in centri di accoglienza.
Il fronte cosiddetto No Global trovò man forte nelle critiche espresse dalla Corte Costituzionale nei confronti di tali strutture dove, nei fatti, era difficile percepire, anche in termini di strutture murarie, aree isolate, presenza di barriere anti-fuga, la differenza tra detenzione ed accoglienza, tra carcere e luogo di permanenza temporanea per clandestini ed irregolari. Critiche che si scagliarono anche contro la gestione del centro affidata alla Misericordia guidata da Daniele Giovanardi, fratello gemello del Senatore Carlo.
Dai CPT si passò ai CIE, ma sempre di strutture di permanenza temporanea per soggetti comunque destinati ad essere dirottati nuovamente verso i paesi di provenienza, si trattava. A Modena scoppiò anche la polemica degli organici di Polizia in servizio al Centro. Al Governo c’era Prodi ed il viceministro agli interni era proprio quel Minniti che ancora oggi, in attesa di un nuovo governo, ricopre la carica più alta del Ministero. Lo stesso Minniti che ha rilanciato, poco dopo il suo insediamento, il piano di apertura (o di riapertura nel caso di Modena), dei Cie. La storia si ripete, ieri come oggi. Minniti fu raggiunto dalla lettera formale redatta e firmata dal Sindaco Pighi e dall’allora Presidente della Regione Vasco Errani tesa a chiedere un impegno formale al ministro per il potenziamento del numero degli agenti alla questura di Modena e, di conseguenza, al Cie. Rinforzi che per la struttura di via La Marmora non servirono più. Perché nel 2013 il Cie chiuse i battenti, sulla scia delle polemiche che videro in quello che da Consigliere provinciale diventò in poco tempo Ministro per la cosiddetta integrazione Cecile Kyenge, una delle sue massime espressioni. Chi non ricorda la sua battaglia condotta per fare uscire il bosnico Senad dal centro, poi arrestato per altri reati? Chiuso ancora oggi ma forse ancora per poco.
Perché il Piano Minniti di riapertura dei Cie lanciato l'estate scorsa vedeva in quella di Modena una delle strutture forse più adeguate e pronte di tutta l’Emilia-Romagna. Ma acora una volta non se ne è fatto nulla. Fino ad oggi, con la storia che si ripete, all'inizio di una nuova legislatura e di un nuovo governo. In un eterno (ed inconcludente), ritorno
Gianni Galeotti