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'Hamas? È l'espressione della resistenza palestinese oggi'

'Hamas? È l'espressione della resistenza palestinese oggi'

Brahim Baya, attivista musulmano con cittadinanza italiana ospite della tre giorni United For Gaza accusa il giornalismo mainstream e afferma: 'Sette ottobre, atto di ribelliione ad una prigione a cielo aperto. Ora hanno distrutto Gaza ma non il popolo palestinese. Nessun avrebbe resistito così'


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“Hamas e ciò la resistenza palestinese rappresenta oggi. Il 7 ottobre non è stato un inizio, ma una reazione di un popolo obbligato a vivere per anni in una prigione a cielo aperto'.
 

Queste le parole di Brahim Baya, attivista musulmano, cittadino italiano famoso alla cronaca anche per il discorso sul genocidio e la preghiera islamica improvvisata all'interno dell'università di Torino. Parole pronunciate anche in risposta ad una nostra domanda al termine del suo articolato intervento, domenica scorsa, durante la terza e ultima giornata di “United for Gaza”, la manifestazione organizzata in città dal coordinamento Modena per la Palestina. Un appuntamento che ha analizzato la situazione attuale, anche alla luce di quello che è stato definito 'Accordo di pace' partendo dall'oggetto dell'incontro, ovvero la denuncia della manipolazione mediatica e una accusa al giornalismo e all'informazione cosiddetta maintream. Documentata nell'evento con video di esempi di servizi tg o reportage, commentanti dallo stesso Brahim e dal giornalista Flavio Novara.Un intervento denso e più lungo forse anche del previsto, considerando anche l'assenza del secondo ospite Wael al Dahdouh, caporedattore di Al Jazeera a Gaza e recentemente indicato dal sindaco di Modena come colui al quale il sindaco vorrebbe attribuire la cittadinanza onoraria di Modena.
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Giustificato - hanno affermato gli organizzatori - per essersi sottoposto ad un intervento chirurgico in Qatar.Le parole su Hamas di Brahim Baya ricordano di fatto quelle recentemente pronunciate a Modena da Francesca Albanese. Senza alcuna accezione negativa, senza alcun riferimento al terrorismo, ma espressione della resistenza del popolo palestinese. Un resistenza che Brahim ripercorre nelle sua varie espressioni in un secolo di lotta del popolo palestinese. Arrivando appunto ad oggi in cui, in Hamas, quella resistnza prende forma'. “Hamas – ha affermato – è solo l’ultima delle espressioni storiche di una resistenza che parte ben prima del 1948, è la continuazione di una lotta collettiva”. Per poi giungere ad una associazione: 'Prendersela con Hamas è prendersela con il popolo palestinese'In questa prospettiva il 7 ottobre 2023 va letto, stando alle parole dell'attivista, come atto di ribellione all'interno di un contesto di oppressione prolungata: “A Gaza si viveva da anni in una prigione. Il cibo, persino l’acqua erano dosati. Era una prigione in cui ogni tanto ti aprivano una fessura per sopravvivere, ma non vivere. E allora, quella del 7 ottobre è stata la rivolta del ghetto, come quella degli schiavi di Haiti”.Nonostante l’assenza di Wael al Dahdouh il momento è stato dedicato a una dura riflessione sul ruolo dell’informazione.
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Brahim, affiancato da Flavio Novara, ha fortemente criticato i media occidentali, presentando documenti, esempi e video a sostegno della sua tesi: “L’informazione mainstream – ha detto – è stata parte integrante e funzionale del sistema che ha prodotto e giustificato il genocidio. Non solo ha nascosto, ma ha dissimulato, confuso e a volte giustificato apertamente la violenza. Ha coperto il genocidio invece di denunciarlo”. Mentre sul video scorrono le testimonianze, a tratti disperate e con richieste di aiuto, di giornalisti palestinesi e internazionali uccisi in quello che, dati alla mano, risulta essere lo scenario in cui il numero più grande di giornalisti uccisi in un unico evento di guerra. E anche sul fronte dell'informazione, scatta la lettura rispetto al 7 ottobre: “Non si può giudicare la rivolta, se non si è prima denunciata l’oppressione sistemica, coloniale, militare e quotidiana che l’ha preceduta”.Ampio spazio è stato dedicato anche alla devastazione di Gaza. “È stato un piano di distruzione. Veniva detto che l'obiettivo era Hamas, ma l’obiettivo era distruggere Gaza. Lo diceva già l’ambasciatore israeliano su Rete4 nei giorni immediatamente successivi agli attacchi: ‘vogliamo cancellare Gaza’.
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E così hanno fatto”.Brahim Baya ha poi elencato l’annientamento sistematico di ogni infrastruttura civile: case, ospedali, scuole, moschee, chiese, strade, acquedotti, reti fognarie, per poi affermare: “Non hanno cancellato i palestinesi. Le immagini di migliaia di persone che ritornano tra le macerie delle loro città, sono la dimostrazione che Gaza è viva. La resistenza è viva. Anche se distruggeranno Hamas, e in effetti l'hanno distrutta se consideriamo i tanti sui esponenti uccisi, qualcosa nascerà ancora. Perché un popolo oppresso troverà sempre nuove forme per lottare”.L’attivista ha anche parlato dei migliaia di prigionieri palestinesi ancora detenuti senza processo nelle carceri israeliane, molti dei quali bambini e donne, esposti, a suo dire, a violenze, torture e umiliazioni: “Le immagini che arrivano parlano da sole. Sono testimonianze che non si possono ignorare. Ma l’attenzione mediatica è tutta sugli ostaggi israeliani, ignorando il destino di migliaia di palestinesi”.Ha concluso il suo intervento con un riconoscimento alla resistenza collettiva del popolo palestinese: “I veri supereroi sono loro. 734 giorni sotto le bombe, senza sapere se sarebbero sopravvissuti. Ma non sono stati distrutti. Nonostante tutto, resistono. E noi dobbiamo continuare a essere dalla loro parte”.Gi.Ga.Nella foto, al centro, Brahim Baya, insieme a Flavio Novara (a destra) e a un esponente di Modena per la Palestina, presente a capo del corteo pro-pal organizzato da CGIL e Si Cobas della scorsa settimana a Modena
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Nato a Modena nel 1969, svolge la professione di giornalista dal 1995. E’ stato direttore di Telemodena, giornalista radiofonico (Modena Radio City, corrispondente Radio 24) e consigliere Corecom (C...   

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