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Nei giornali del 30 maggio 2012 le fotografie di un dramma che ancora scuote. Sono passati cinque anni da quella seconda scossa che portò la morte nella nostra terra, dopo la devastazione del 20 maggio.
Oggi il presidente della Repubblica Sergio Mattarella era a Mirandola. Ha detto che la 'ricostruzione in Emilia è un punto di riferimento', che 'le garanzie di sicurezza e gli standard di qualità raggiunti qui rappresentano condizioni che vanno estese ovunque'.
Parole sottolineate dal presidente della Regione Stefano Bonaccini, con i suoi slogan , con la nostra (la sua) terra tornata più bella, più forte e più sicura di prima. Parole in qualche modo smentite dalle opposizioni per la quali la strada della ricostruzione è ancora lunga e che evocano i 'centri fantasma della bassa', specchio di problemi irrisolti.
E poi c'è il processo Aemilia che racconta come le mafie sfruttarono la ricostruzione, c'è lo scandalo del cemento farlocco a Finale Emilia (le Frassoni targate AeC mai aperte) e ci sono le cittadinanze onorarie, come quella concessa dal Comune di San Possidonio all'ex governatore Vasco Errani. Cerimonie piene di tanta retorica pomposa e inutile. E ipocrita, potremmo aggiungere.
Ma una cosa va detta, dalla fotografia carica di distruzione e di morte di quei giornali del 30 maggio, l'Emilia e la Bassa sono ripartite.
Sono ripartite per la forza di imprenditori e cittadini che hanno deciso di ricominciare. Nonostante tutto. Di scrollarsi da dosso le macerie, o meglio di camminare nonostante il fardello delle proprie macerie.
Al di là della retorica stucchevole e da patetico Mulino Bianco, Bonaccini un po' ha ragione.
L'Emilia sta ripartendo dopo il sisma e non solo perchè a livello economico è stato azzerato il monte ore di cassa integrazione, ma perchè nessuno ha deciso di fermarsi davanti all'orrore di cinque anni fa. Ognuno ha fatto un pezzo di strada. Ogni famiglia, ogni impresa, ogni singolo uomo e ogni singola donna. Senza bisogno di applausi. Anzi, spesso infastidito dalle cerimonie e dai tagli del nastro di istituzioni vuote e attente, come le opposizioni, solo a raccattare voti.
A volte, spesso, piangendo la sera. Bestemmiando un Dio cattivo, lontano e invisibile. Si è ripartiti così. A fari spenti. Perchè non c'era alternativa. Così, concentrati solo sull'oggi da non avere tempo, nemmeno oggi stesso, di guardarsi alle spalle per provare un briciolo di, legittimo, orgoglio. Ripartiti, nonostante la piena consapevolezza di una sconfitta immeritata e incancellabile.
Giuseppe Leonelli