Sono passati 8 anni da quel 30 marzo. Casari venne lasciato solo dal movimento cooperativo e addirittura la Cpl, la società che egli aveva plasmato, si costituì parte civile contro di lui (qui il libro).
Una odissea giudiziaria dalla quale è uscito con l'ombra della mafia completamete cancellata da una assoluzione passata in giudicato il 3 luglio 2020, mentre ad aprile dello scorso anno la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza della Corte d'Appello di Bologna smentendo l'ipotesi accusatoria sulla presunta corruzione. Unica condanna che resta è quella a un anno e 10 mesi per false fatturazioni.
Sono passati 8 anni e oggi Casari ripercorre il calvario giudiziario di un uomo che la giustizia ha assolto dalle principali accuse, ma che - come spesso avviene - attende una piena riabilitazione sociale ancora compromessa dalla incapacità di chi puntò per primo il dito a processi in corso, di chiededere scusa.
Oggi, come lo stesso manager di Concordia afferma, 'restano le macerie'. Decenni di storia di una cooperativa macchiati e un leader innoncente, sempre sostenuto da tanti dipendenti Cpl, costretto a uscire di scena dalla realtà che aveva fatto crescere. La Cpl sorge a pochi metri dalla abitazione di Casari, ma coi nuovi dirigenti non vi è alcun rapporto (il presidente attuale, Paolo Barbieri, è stato da poco nominato a presidente Legacoop). Eppure se la parola 'legalità' ha un senso lo deve avere sia quando pretende pene certe, sia quando pretende la riabilitazione in caso di assoluzione. Ma nel nostro Paese questa è ancora una utopia.
Giuseppe Leonelli