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Una corsa in ambulanza dall'ospedale di Pavullo (dove non è più possibile partorire), verso Sassuolo. Un percorso troppo lungo però per il bambino che doveva nascere, e la sua mamma. Una donna di 39 anni Pievepelago, obbligata a dare così alla luce il proprio figlio in ambulanza. Prima che il mezzo potesse raggiungere il primo punto nascite disponibile, di Sassuolo.
Entrambi stanno bene, ma la vicenda riporta in primo piano i disagi ed i potenziali rischi ai quali, dopo la chiusura del punto nascite di Pavullo, sono sottoposte decine di gestanti e neo mamme residenti in montagna, ed in particolare nell'alto Frignano. Soprattutto durante l'inverno, dove neve e ghiaccio rendono i circa 70 km che dividono dalla pianura, un inferno. Perché per tutte le donne residenti in montagna, dopo la chiusura del punto nascite dell'ospedale di Pavullo, il punto attrezzato più vicino per partorire rimane l'ospedale di Sassuolo.
Che con neve, ghiaccio, e di notte, quando nemmeno l'elicottero può levarsi in volo, sembra in capo al mondo. Generando timori.
Ed è forse anche per questo che la donna, questa notte, sentendo che era arrivato il momento, si è messa in strada in auto, facedosi accompagnare verso la pianura. Arrivata però a Pavullo qualcosa non va. Si sente male e decide di rivolgersi al Pronto Soccorso del locale ospedale. Secondo la ricostruzione, non ancora confermata dall'Ausl, la donna sarebbe stata stabilizzata, per poi essere trasportata da una ambulanza verso Sassuolo. Altri 40 km circa di strada bagnata dalla pioggia (fortunatamente non dalla neve che invece scendeva a quota più alta), con ancora molte curve per almeno 30 minuti di percorso. Troppi. Le acque si erano rotte ed il bambino è venuto alla luce. In modo naturale.
Redazione Pressa
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