Erano per lo più sdraiati sulle brande, in silenzio, spesso al buio. Qualche volta avevano richieste da fare a cui noi volontari non potevamo dare risposte. Più spesso mostravano la meraviglia che anche lì potesse arrivare un saluto, un dolce. È un mondo che noi conosciamo, ma dopo una settimana, alla fine del percorso, l’angoscia ha attaccato anche noi. In una cella buia abbiamo chiesto ai ragazzi che l’abitavano perché rimanevano al buio. Uno di loro ha risposto con ironia: “Se accendiamo la luce si vede di più il brutto che abbiamo attorno”.
E siamo qui adesso a chiederci cosa fare, come rispondere alla disperazione di quel luogo.
Davanti ad una situazione straordinaria diventata però tristemente ordinaria, costellata da rivolte, suicidi, insofferenze, stati patologici non curati, non appare possibile voltare gli occhi da un’altra parte. Occorre una riforma organica, completa, che sappia toccare ogni ingranaggio difettoso, ogni polmone in apnea dell’intero circuito penitenziario. Non si può più aspettare. Non si può con questi numeri di presenze.
Dobbiamo crederlo, chiederlo, pretenderlo noi, cittadini e voi politici. E non è un discorso di clemenza, umanità o buonismo, non è eppure una resa, ma di coraggio per la nostra sicurezza, per la nostra comunità, perché possa essere capace di seminare segni di speranza per tutti, oltre
Il volontariato ha sempre sostenuto l’idea del carcere come “extrema ratio”, per chi non può essere fermato in altro modo e si è espresso a favore di una giustizia di Comunità con pene conciliative o riconciliative che possano coinvolgere anche la vittima del reato. Pene che facciano leva sulla capacità delle persone di fare scelte diverse da quelle che le hanno portate a delinquere.
Se non ora, quando?Gruppo carcere-città odv
CSI volontariamo
Mani Tese Finale Emilia