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Il 3 Maggio o giù di lì…
Ho sempre pensato e sostenuto che fosse questa la vera festa della Liberazione. Siamo un Paese, uno stato (si badi bene, non rendetevi ridicoli chiamandola Nazione, almeno non il 25 aprile), che ripudia la guerra.
Forse, subito dopo il sentimento di amore per la Nazionale di calcio (con la N maiuscola), uno dei pochi che accomuna l’italiano da nord a sud è questo, il fatto di ripudiare la guerra. Uno dei pochi articoli della Costituzione davvero sentiti, è questo. La fine della guerra sarebbe stata di gran lunga una delle ricorrenze sulle quali nessuno avrebbe potuto eccepire. L’unica vera speranza che avevano, in cuor loro, partigiani, americani, repubblichini, e forse gli stessi soldati tedeschi che occupavano le case dei nostri nonni fino a diventare una presenza familiare. Credo che nella festa della Liberazione fosse già presente, consapevolmente iniettato dai vincitori, il germe del nostrano apartheid.
Ma gli italiani hanno voluto fare da italiani, hanno ideato una festa che divide, che schiera i buoni e i cattivi da una parte e dall’altra. Come sempre.
Con la solita, inveterata intelligenza politica. Da una parte, infatti, tutto quello che possiamo fare oggi è grazie ai partigiani. Eppure i miei nonni, pur comunisti, non erano partigiani e sono convinto che qualcosa devo anche a loro, che hanno passato due anni tra bombardamenti da una parte e rastrellamenti per rappresaglia dall’altra. E se ho visto mio padre lo devo addirittura a quei soldati tedeschi che lo hanno risparmiato, in fasce, nascosto nel buco di un castagno lasciato da mia nonna in fuga disperata (ok sono pronto al dileggio). Per contrapposizione, poi, non più intelligentemente, gli “esclusi” cercano una vittoria personale o una propria festa che li rappresenti, mettendo in scena grottesche rappresentazioni e proteste che farebbero impallidire per sprezzo del senso del ridicolo anche la visita alla sorgente del Po' di bossiana memoria.
Per poi scatenarsi dal giorno dopo a dimostrare che l’Italia è una, unica e indivisibile! E adesso passeremo un intero anno a dirci partigiani o neofascisti (ma con la mano nascosta perché è meglio che si capisca e non si dica) in attesa, naturalmente, del prossimo 25 aprile, chissà che questa volta non riusciremo a sopraffare quei 'maledetti comunisti', o a cacciare definitivamente quei 'maledetti fascisti', in nome dell’Italia unica ed indivisibile, perché si a chiaro, siamo tutti italiani, ma loro un pò meno…
Mirko Ballotta