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La ventilata privatizzazione di Nidi nel Comune di Modena è paradossale e produce effetti politici in tutta la Provincia. Ci sono sentenze della Consulta Costituzionale che affermano che il Nido è un diritto universale e non è un servizio a domanda individuale. Si continua, però, ad agire come se così non fosse. Diritto universale significa, come accade per le scuole dell’infanzia statali, non pagare la retta ma solo i pasti che si consumano e disporre una rete di nidi tale da poter accogliere tutte le richieste.
Altre sentenze affermano che la competenza dei Nidi è Regionale e dei Comuni.
Tutti in campagna elettorale promettono la gratuità e la generalizzazione del Nido, ma poi? Per effetto del calo della popolazione italiana si stima una riduzione delle leve scolastiche attorno al 25%. La gratuità del Nido diventa strategica per incentivare la scelta di fare figli.
Ma l’amministrazione agisce come se ciò non fosse, eppure il Nido per tutti si può fare, vedi San Lazzaro di Savena.
Parallelamente le scuole comunali dell’infanzia (3/6 anni) a livello nazionale vengono progressivamente sostituite da scuole statali. In Parlamento giace una bella proposta della compagine governativa che propone di rendere obbligatorio il percorso scolastico dai tre ai diciotto anni. Questo per dire che l'ipotesi 0/6 (Nido più Infanzia) è stata nei fatti accantonata.
A Modena, resta inspiegabile invece la decisione di non avere, in contrasto con il resto del Paese, statalizzato in occasione della progressiva dismissione delle scuole dell’infanzia comunale, quando c’era e c’è ancora, l’opportunità di farlo.
Si è affidato il servizio alla Fondazione Cresci@mo, ma questa scelta costa! Nel 2019 la Fondazione, che applica il contratto Aninsei (Scuole Private), ha avuto costi pari a 4.389.020 euro, cui si è fatto fronte con 2.
903.
208 euro di trasferimenti dal Comune di Modena, 430.919 euro di trasferimenti dallo Stato, 999.542 euro da rette ed altre minori entrate. Va tenuto conto che il Comune, oltre al trasferimento finanziario di cui sopra, assicura anche diversi servizi (coordinamento pedagogico, manutenzione agli immobili, responsabile della sicurezza, fornitura degli arredi, assegnazione degli utenti, collocazione nelle fasce di reddito, ecc.). La Fondazione Cresci@mo, che gestisce 10 scuole, ha pesato perciò (e si poteva evitare) con oltre 2.903.208 euro all’anno sui bilanci del Comune di Modena.
A Modena l’infanzia statale viene descritta come poco qualificata ma, se così fosse, come si spiegherebbe che le maestre della Fondazione ma anche le Comunali, appena possono, si fiondano nelle scuole Statali? Le condizioni di lavoro delle dipendenti statali sono equivalenti a quelle dei dipendenti delle scuole comunali. Il modello pubblico è superiore a quello delle Private, le quali fanno più ore di insegnamento, ma le ore in più, spesso, le utilizzano per organizzare il servizio con tre insegnanti su due classi, anziché quattro maestre su due classi come avviene sotto lo Stato, il Comune ed in questo caso Cresci@mo per scelta della proprietà. La compresenza c’è nella stragrande maggioranza delle Comunali e Statali e lo stato utilizza gli artt. 4 e 5 del DPR 275/99 per garantirla. Resta la domanda: le maestre sono davvero brave solo quando sono sotto il Comune/Cresci@mo e le stesse non lo sono più, quando passano allo Stato?
Le risorse risparmiate con l’affidamento progressivo delle scuole di Cresci@mo allo Stato, servirebbero poi per finanziare Nidi Pubblici Comunali e progetti di qualificazione per tutto il sistema della scuola dell’infanzia modenese. Rimarrebbero persino risorse per altre necessità comunali! Questa decisione è obbligata soprattutto ora che, per il COVID-19, il Comune ha un buco attorno a 35 milioni di euro.
Omer Bonezzi, ex Dirigente scolastico