Accusò direttore Prima Pagina di essere filomafioso: a marzo parte processo per referente di Libera
Ieri la numero 2 di Libera nazionale Enza Rando è stata invitata in Consiglio comunale a Modena. L'indagine per il furto che subì a febbraio 2018 è stata archiviata
Ieri la numero 2 di Libera nazionale Enza Rando è stata invitata in Consiglio comunale a Modena per parlare del processo Aemilia (ricordiamo che al processo Aemilia l'unica rappresentante dell'associazionismo modenese ad essersi costituita parte civile, peraltro prima volta in Italia per una associazione di autotrasporto, era stata l'allora presidente nazionale Fita Cinzia Franchini, oggi coeditrice proprio de La Pressa) e così siamo venuti a conoscenza che l'indagine per il famoso furto subito a febbraio 2017 nel suo studio è stata archiviata, anche se il Comune di Modena nella nota ufficiale continua a parlare di quel furto come di una 'intimidazione', parola che nemmeno la Rando stessa ieri ha usato.
Va invece ricordato che a luglio 2018 il Gip ha ordinato l'imputazione per diffamazione nei confronti del referente di Libera Modena Maurizio Piccinini. Disse che 'chi attacca Enza Rando è oggettivamente al fianco delle mafie', accusando così l'allora direttore di Prima Pagina, oggi direttore de La Pressa, Giuseppe Leonelli di essere filomafioso.
Il processo per Piccinini partirà a marzo.
'L'accostamento, dedotto in termini di assolutezza, tra chi attacca Enza Rando ed il porsi oggettivamente al fianco delle mafie costituisce con tutta evidenza una lesione dell'onore e della reputazione del destinatario di tale valutazione, in ragione del noto disvalore attribuito alle organizzazioni criminali ed ai relativi fiancheggiatori, cui il Leonelli risulterebbe ascritto semplicemente per aver redatto una inchiesta giornalistica, con argomentazioni la cui fondatezza non è lecito esaminare in questa sede'. Queste le motivazioni con cui il 4 luglio scorso il Gip di Modena Salvatore Romito ha invitato il Pm a formulare l'imputazione per il reato di diffamazione nei confronti di Maurizio Piccinini.
Insomma, dare del mafioso a un giornalista (in questo caso difeso dall'avvocato Umberto Rossi) è diffamazione e Libera andrà a processo. La vicenda è nota. Prima Pagina pubblicò un articolo che riassumeva le consulenze della numero 2 di Libera, l'avvocato modenese Enza Rando. Consulenze in gran parte legate al mondo Pd.
LE CONSULENZE
Nel 2016 la Rando era nel cda della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena e risultava aver ottenuto dalla Regione del presidente Pd Stefano Bonaccini una consulenza da 25mila euro per l’«armonizzazione e semplificazione fra la normativa regionale e nazionale in materia di legalità». Nel 2014 aveva avuto un incarico annuo da 20.400 euro da Sorgea, la multiulity che offre servizi acqua e gas in alcuni Comuni della Bassa (Finale in testa) e del Bolognese e il cui revisore è quella Alessandra Pederzoli, moglie del sindaco Muzzarelli. E ancora: attraverso il suo rinomato studio legale (di cui è contitolare con l’avvocato Pietro Gurrieri, da dicembre 2014 vicepresidente nazionale di Avviso Pubblico,) ha fatto consulenze per la Provincia di Modena (per esempio 96mila euro nel 2010 e 25.168 euro nel 2013 per ‘supporto al Rup sulle espropriazioni’) e per migliaia di euro per diversi comuni ed enti modenesi (a Nonantola fu per 49mila euro responsabile unico del secondo stralcio della variante alla strada provinciale) ed emiliani (tutti amministrati dal Pd). Consulenze le cui cifre sono state dedotte dai siti isituzionali dei singoli enti.
L'ATTACCO
Ebbene per quell'articolo Prima Pagina e il direttore Leonelli vennero accusati di essere 'oggettivamente al fianco delle mafie'.Parole sottoscritte anche dall'allora senatore Pd e membro della commissione antimafia Stefano Vaccari il quale disse 'Mi fa rabbrividire come si possono sentire forti le mafie in questo momento. E penso ad Enza, dentro le aule di giustizia, e a come possa avvertire tutto questo'.
Non solo in una chat in un numeroso gruppo di persone vicine a Libera la Rando disse che Prima Pagina faceva 'informazione a pagamento dei poteri'. Poteri evidentemente non tanto forti visto che il giornale chiuse dopo tre mesi dalla quella inchiesta.
LA DIFESA
'Non si può dare del mafioso a un giornalista solo perché ha scritto cose che possono aver dato fastidio. Mi pare sia questo il senso del provvedimento del Gip di Modena. E mi pare sia un principio più che condivisibile'. Roberto Righetti, presidente dell' Associazione stampa modenese e per diversi anni componente del direttivo dell'Aser, la rappresentanza regionale del sindacato dei giornalisti, commentò così la decisione del Gip.
'A prescindere dal merito della vicenda e di quell'inchiesta giornalistica - disse Righetti - è evidente come l'intervento del giudice in questo caso vada a tutela della libertà di esercitare la professione giornalistica. Il giornalista che scrive l'articolo risponderà della correttezza del proprio lavoro nelle sedi opportune, questo è fuori discussione. Ma non gli si può dare del mafioso solo per aver scritto l'articolo. Il legittimo diritto di critica, insomma, non può essere esercitato in questo modo andando a ledere il diritto di cronaca'.
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