Cisl: 5 ragioni per non scioperare
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Cisl: 5 ragioni per non scioperare

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La segreteria Cisl Emilia Centrale risponde alla nostra domanda sulla mancata adesione allo sciopero contro la Legge di Bilancio: 'Abbiamo fatto sindacato e ci siamo confrontati. Grazie alla Cisl la maggior parte dei 30 trenta miliardi in manovra su lavoro, pensioni e famiglia'


Cisl: 5 ragioni per non scioperare
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La segreteria Cisl Emilia Centrale risponde alla nostra domanda sulla mancata adesione allo sciopero di domani indetto da Cgil e Uil contro la Legge di Bilancio.

Prima di tutto grazie a ‘La Pressa’ per la domanda, cui volentieri rispondiamo. Una domanda semplice che contiene un mondo di risposte.
La prima delle quali è: massimo rispetto per le iniziative sindacali. Tutte. Anche quando non sono condivise. E’ un principio che dovrebbe valere sempre, perché quasi elementare. E invece ormai è un rito: si annuncia lo sciopero generale prima ancora che sia stata scritta la legge di bilancio, si divide il mondo con la roncola tra buoni e cattivi e poi parte il carosello triste degli attacchi a chi non sceglie la metà campo ritenuta giusta a priori. Poi, come avvenuto lo scorso anno a Reggio, si va in corteo e in piazza insultando la Cisl.

Del resto, ogni campagna di comunicazione ha sempre bisogno di un nemico da indicare alla folla. What else?
Quindi, è utile ripeterlo: è più che legittimo che si voglia usare l’arma dello sciopero generale, è altrettanto legittimo dissentire e fare altre scelte.
Le scorciatoie retoriche – tipo il landiniano “il compito del sindacato non è dire che il governo è bello” – funzionano benissimo per la propaganda, ma cadono tristemente nel vuoto quando si devono misurare col Paese reale.

Il Paese reale che ha contato negli ultimi quattro anni, quattro scioperi generali. Anche contro il Governo Draghi, quando gli si rimbrottava che la manovra avrebbe fatto crescere povertà e disuguaglianze e poi l’Istat, l’anno successivo, certificò l’esatto contrario. Abbiamo poche certezze, ma tra queste c’è il paper che Draghi ha consegnato alla Commissione Europea.

Un documento che ha una forza straordinaria perché coglie il punto essenziale: senza Europa e senza i soldi dell’Europa la nostra economia e quindi la nostra società andranno incontro ad un futuro molto, molto brutto.
Citiamo non a caso l’Istat perché a queste latitudini consideriamo l’Istituto statistico nazionale come un osservatorio imparziale e non, invece, la clava da utilizzare quando sfagiola numeri utili a colpire l’avversario e meno utili quando quei numeri dicono quale sia il confine tra propaganda politica e realtà delle cose.

Quindi: quattro scioperi generali in quattro anni – Istat, purtroppo, non ha mai calcolato quanto hanno inciso sugli stipendi – e un risultato certo: si sta inflazionando lo strumento più potente nelle mani dei lavoratori, quello che al cinema il vate Kubrik avrebbe chiamato “l’arma fine di mondo”.
E quando sei prevedibile, sei meno credibile. Potremmo mettere in busta chiusa già oggi che nel novembre 2025 ci sarà un nuovo sciopero generale.

Di fronte a tutto ciò, comprendiamo che sia più semplice dire che la Cisl flirta col Governo. E’ uno schema perfetto, che risolve tutto e, soprattutto, assolve dall’obbligo di mettersi di fronte ad uno specchio per domandarsi se si vuole essere partito o sindacato. Quale che sia la scelta, Cisl la rispetterà, con la libertà di evidenziare, però, che all’agitprop continuiamo a preferire la calcolatrice.
La manovra di quest’anno mette sul tavolo 30 miliardi, due terzi di questa somma sono destinati a lavoro, pensioni, famiglia e coesione sociale.

A proposito: mentre il Paese si lanciava nella scelta folle del superbonus 110% – adesso un po’ di propaganda lasciatela anche a noi: la misura che ha permesso ai ricchi di ristrutturare case e seconde case, lasciando a tutti noi il conto da pagare, con modalità che nemmeno Mario Monicelli in ‘Amici Miei’ – non abbiamo udito le solite voci garrule a difesa dell’equità sociale. Eppure, sulla manovra di quest’anno quell’operazione, insieme ai vincoli europei, si porterà via 50 miliardi (quest’anno. Poi verrà il resto).

Se tanta parte della legge di bilancio va su pensioni e lavoro, non è perché a Roma, a Chigi, è insediato un collettivo di anime buone, ma è perché un sindacato, la Cisl, ha fatto il sindacato: non è scappata dal tavolo del confronto, ha litigato, ha trattato, ha mediato. Senza insultare nessuno e senza la pretesa di avere la verità in tasca.

Il risultato di quel confronto lo sta spiegando benissimo il nostro segretario nazionale, Gigi Sbarra.
Numero 1: si proroga il taglio del cuneo fiscale, che interessa 19 milioni di lavoratori. Per i meno esperti: significa buste paga più pesanti per il ceto medio.
Numero 2: si accorpano le due aliquote più basse dell’Irpef.
Numero 3: a tutto questo si aggiungono la detassazione, per i prossimi tre anni, sui salari di produttività e il potenziamento dei fringe benefit (esempio principe: i buoni pasto, sì, proprio quelli che si usano anche in Coop per la spesa).
Numero 4: ci sono 5.5 miliardi di euro per il rinnovo dei contratti pubblici 2025-2027 (e sono previsti accantonamenti da utilizzare per i rinnovi 2028-2030).
Numero 5: passi in avanti per il sostengo alle famiglie, per fare in modo che lavoro e gestione di figli e anziani non siano nemici giurati, per la piena indicizzazione delle pensioni rispetto all’inflazione, per gli sgravi a favore di chi assume giovani e donne.

Va tutto bene? No che non va tutto bene. Il Paese soffre la crisi e non ha più fiducia. Nelle Istituzioni, nei sindacati, non riconosce più il sistema di valori che ci hanno reso una potenza economica perché, semplicemente, quei valori oggi sono diritti negati. Ci servirebbe un longform su ‘La Pressa’ per spiegare cosa manca. Allora, preferiamo usare questo spazio prezioso per delineare una questione di metodo e di target.
Ci sono cambiamenti enormi che stanno già rivoltando il mondo in cui viviamo e tutti vanno a colpire quella che una volta chiamavamo classe media. Le famiglie non ce la fanno più, hanno paura e ogni anno mancano sempre più figli all’appello.
Questa è la bomba a mano su cui siamo tutti seduti. Una bomba che senza interventi strutturali è destinata a far esplodere il sistema delle pensioni e il finanziamento dei grandi servizi pubblici, come sanità e scuola.
Un dramma a cui si somma lo stravolgimento di intere filiere manifatturiere – metalmeccanico e automotive in testa –, che non sono accidenti italiani ma scosse di forte magnitudo che iniziano a far traballare tutt’Europa.
Scosse che si manifesteranno con decine di migliaia di occupati in bilico – pensate a cosa sta accadendo in Germania con Thyssen Group e Volkswagen o in Italia con la gestione furfantesca di Stellantis – e una rete di welfare già spremuta all’osso che non può pensare di affrontare una crisi continentale con risorse e strumenti esclusivamente nazionali. Men che meno mentre gli Stati Uniti si arroccano e la pressione delle autocrazie spinge sul fianco orientale dell’Unione.

Sono argomenti che fanno tremare le gambe e che hanno bisogno di un metodo per essere gestiti: comprendere come la stagione delle tifoserie e delle bandierine sia finita, accettare di mettersi al tavolo anche con chi consideriamo il nostro peggior nemico, trovare le soluzioni migliori per permettere al Paese di salire sull’ultimo treno in partenza.
Noi la sentiamo come una responsabilità storica enorme e non vediamo altro strumento che l’unità nazionale per venirne a capo.
Per questo una delle opzioni in campo – chiamare alla rivolta sociale –, non sarà la nostra.
Siamo perfettamente consapevoli che un tale atteggiamento ci costerà insulti, offese, battutine, ma la parola sindacato ha senso quando si accompagna al coraggio.
Abbiamo mille difetti, ne siamo consapevoli, ma in questo cammino che sappia unire e non dividere ci crediamo fino in fondo, dimostrandolo ogni giorno sul nostro territorio dove, al riparo dalle grandi tensioni nazionali, Cisl non si tira mai indietro quando si tratta di posare insieme a Cgil e Uil – per le cui leadership abbiamo tanto rispetto – un mattoncino nuovo sulla casa dei diritti per chi lavora'

La segreteria di Cisl Emilia Centrale

Nella foto, Rosamaria Papaleo - segretaria Cisl Emilia Centrale

Gianni Galeotti
Gianni Galeotti

Nato a Modena nel 1969, svolge la professione di giornalista dal 1995. E’ stato direttore di Telemodena, giornalista radiofonico (Modena Radio City, corrispondente Radio 24) e consiglie..   Continua >>


 

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