E' quanto emerge dalle parole del sindaco di Ravenna e ora candidato alla presidenza della Regione per il PD e la coalizione centro sinistra e 5 stelle Michele De Pascale, pronunciate in un collegamento in diretta nella trasmissione Piazza Pulita di La 7.'Non si può scaricare la palla e ci si devono assumere le responsabilità'.- afferma rispondendo alle sollecitazioni del conduttore rispetto al fatto che in alcune zone i fiumi sono esondati e gli argini si sono rotti negli stessi punti del maggio 2023 e poi ricostruiti. Per il sindaco di Ravenna il 'punto è uno. Abbiamo bisogno di un piano straordinario in Romagna di opere per aumentare la sicurezza del territorio'. E questo piano 'è fermo, non è ancora stato fatto. Si sono fatti interventi di ripristino, che dovevano aggiustare le cose, ma il cinque nel quattro non ci sta. Il nostro bacino idrografico è studiato per delle portate, gli eventi degli ultimi due anni sono completamente sopra queste portate'.Ed è così che tra le righe emerge una realtà da sempre malcelata dalle istituzioni deputate, e ben prima anche della alluvione della Romagna del 2023.
Ci riferiamo alla creazione delle casse di laminazione lungo il Senio e Sintria. Strutture, ben tre, di accumulo e rilascio di acqua che sarebbero dovute sorgere lungo l’asse fluviale del Senio, nuovamente esondato, per limitare l’afflusso in pianura di acqua in casi eccezionali. Come le precipitazioni che De Pascale cita come troppo grandi per essere contenute dalla capacità del bacino idraulico. Un bacino idraulico non adeguato come negli anni, e ben prima della alluvione del 2023, avrebbe dovuto essere adeguato. Perchè, come è possibile estrapolare come conclusioni dalle relazione e dalle simulazioni del Prof. Stefano Orlandini di Unimore, le precipitazioni, pur eccezionali, del maggio 2023, avrebbero comportato (tenendo conto di molteplici fattori che vanno dalla manutenzione degli alvei, al tempo di corrivazione delle acque), a stabilire che le piene generate avrebbero avuto un Tempo di Ritorno tale da potere essere in parte gestite da un sistema adeguato a piene cinquentennali o centenarie.
Livello al quale sono adeguate le casse di espansione del fiume Secchia, per le quali, da decenni, gli studi confermano l'inadeguatezza del loro sistema di funzionamento e la conseguente necessita di procedere con interventi strutturali, che non sono mai partiti, se non, appunto, in queste settimane. Ma bloccati e già in ritardo, a due mesi dall'avvio. Ritardi decennali e che anche nella migliore delle ipotesi potrebbero essere recuperati in parte soltanto dal 2030, visto che i lavori previsti per l'adeguamento della cassa di espansione del fiume Secchia anche solo ad eventi con Tempo di Ritorno 50 anni, avranno una durata di circa 6 anni. Nel territorio ravennate e romagnolo le strutture idrauliche di laminazione capaci di potenziare la capacità di fare fronte ad eventi anche eccezzionale sono dimensionate a contenere 6.500.000 di metri cubi d’acqua su una estensione complessiva, per tutte le opere, di circa 70 ettari, che hanno visto il primo studio di fattibilità, richiesto dalla Provincia di Ravenna, essere realizzato, dall’università di Bologna, nel 1992. Seguito da un progetto preliminare del 2002 e un definitivo del luglio 2005. Da allora a oggi dopo un iter durato più di trent’anni due realtà sono quasi finite mentre la terza, quella a cavallo del torrente Sintria, non è nemmeno stata progettata definitivamente. Trent’anni di risorse e opportunità che non hanno portato a nessun risultato.Gi.Ga.