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Nuove preoccupazioni per la Fondazione. Dopo il crollo Unicredit, il Sant'Agostino e Arti Visive che non decollano, ora il Mef richiama i vertici sulle modifiche apportate in sei articoli dello statuto. Anche sui criteri di nomina. Il Consiglio di indirizzo si divide, dovrà ridiscutere tutto, ma in piena campagna elettorale e con il rettore in fase di rinnovo. Elemento che rende il tutto quantomeno inopportuno, sul piano 'politico'.
La modifica, a tratti sostanziale, da parte della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, di ben tredici articoli dello statuto, si è scontrata infatti con i rilievi del Ministero dell’Economia e delle Finanze che ha rispedito al mittente, con rilevanti osservazioni di merito, le variazioni apportate nel dicembre scorso.
Quando dopo mesi di letargo dalla sua istituzione, la commissione statuto della Fondazione si è trovata a dovere decidere tra alcune modifiche tecniche di ordinaria amministrazione e proposte di modifiche statutarie che pesano, anche e soprattutto politicamente, come quelle relative ai criteri di nomina dei componenti del Consiglio di Amministrazione, introducendo, tra le novità, il divieto (applicati anche retroattivamente) a ritornare in Fondazione, vita natural durante, per chi ha già svolto due mandati, anche non consecutivi.
Ma soprattutto una norma ad hoc per la scelta degli universitari. Dunque modifiche sui criteri di nomina e degli incarichi che proprio perché sostanziali, diventano anche politicamente inopportune e discutibili, a pochi mesi dal rinnovo delle cariche stesse. Come tra l’altro aveva fatto intendere lo stesso Presidente Paolo Cavicchioli nella conferenza stampa di presentazione di Ago, nel novembre scorso.
Un problema sia tecnico che politico che non è sfuggito al Ministero dell’Economia e delle Finanze al quale la Fondazione ha inviato le modifiche relative a tredici articoli dello statuto (1, 6, 8, 9, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 24, 25 e 29), approvate a dicembre con un voto che ha spaccato di fatto a metà, con una maggioranza risicata, il Consiglio di indirizzo.
Tra i punti più rilevanti su cui si è concentrata l’attenzione del Mef, all’art. 14, sui poteri del Consiglio di Amministrazione, dove al comma 2 viene introdotto uno specifico quorum, stabilito dal voto favorevole della maggioranza assoluta dei componenti in carica, per l’elezione del Vicepresidente. Una modifica che per il Mef porterebbe al rischio di stallo della nomina stessa nel caso in cui nessun candidato raggiungesse il quorum stabilito.
Rilievo poi, al comma 3, anche rispetto all’introduzione della possibilità, da parte del CDA, di delegare particolari poteri in funzioni esecutive a soggetti e personale interno. Una modifica che, per il Ministero, stravolgerebbe di fatto le competenze che da statuto spettano all’intero organo collegiale e che come tali non possono essere delegate.
Osservazione pregnante, al punto da rimandare tutto in commissione, anche quella relativa alla modifica dell’art. 15 dove, al comma 6, viene introdotta la possibilità, da parte del Presidente, di delegare la rappresentanza della Fondazione a specifiche figure interne, anche in via continuativa. E qui il Ministero è ancora più netto indicando l’opportunità, per quanto concerne la delega del Presidente, di avere l’autorizzazione del CDA
Anche se non richiamato direttamente nei rilievi del Mef, uno degli elementi di più grande impatto sugli attuali equilibri di nomina, è quello relativo alle modifiche dei criteri di designazione dei tre candidati che per statuto spettano all’università. Se fino a ieri i tre nominativi designati da Unimore dovevano essere scelti nella rosa dei professori ordinari, la modifica ha esteso tale scelta anche a professori associati. Una condizione che potrebbe favorire, a pochi mesi sia dal rinnovo delle cariche della Fondazione (novembre) sia dallo scadere del mandato del rettore, il rettore stesso. Quest'ultimo si troverebbe nella condizione di potere designare tre professori ‘associati’ che potrebbero risponderebbe direttamente nel momento della nomina del Presidente.
E così per la prima volta nel corso di questo mandato, un consigliere non ha partecipato al voto e altri tre si sono astenuti, contestando contenuti e metodo di modifica, e soprattutto la 'sordità' a voler accogliere i consigli di prudenza ed equilibrio.
Fatto sta che negli ultimi mesi dalla fine del primo mandato di Paolo Cavicchioli Presidente, la decisione di forzare con modifiche sostanziali sullo statuto, sembra essersi trasformata in un boomerang. Perché i rilievi del Mef hanno imposto un ritorno in commissione prima ed in consiglio di indirizzo poi. Elemento che rischia di ingolfare il lavoro primaverile del consiglio, dopo mesi a zero sedute, creando una spaccatura all’interno del consiglio stesso.
Gi.Ga.