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'Giungla alla pompa, siamo al caporalato petrolifero'

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E' la dura denuncia di Martino Landi, Presidente nazionale di Faib Confesercenti, oggi in un convegno organizzato a Modena sulla situazione italiana e provinciale della rete di distribuzione dei carburanti


'Giungla alla pompa, siamo al caporalato petrolifero'
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La Rete di distribuzione di carburanti italiana conta oltre 21.000 punti vendita – di cui 250 solo sul territorio modenese - e un erogato medio di 1.345 mila litri, al di sotto della media europea.

A questa polverizzazione della rete corrisponde una dispersione del valore dei loghi (circa130 marchi), di proprietà per il 50% dell’industria petrolifera e il restante privato. L'industria petrolifera poi, da qualche tempo ha iniziato l’abbandono progressivo del mercato con chiusure e cessioni di pacchetti (caso ESSO); mettendo in ulteriore difficoltà un comparto su cui grava sempre più il peso crescente della Grande Distribuzione Organizzata (es. Coop e Conad),, fuori dal quadro delle relazioni di settore.

A completare un quadro già molto complicato ed in forte indotta trasformazione si aggiunge inoltre l'indice di anzianità degli impianti con più di 40 anni di vita (il 40% della rete), una concorrenza selvaggia e un’illegalità diffusa che incide per oltre il 10% del fatturato di settore (circa 4 miliardi l’anno).



Oggi la rete distributiva italiana assicura, oltre la mobilità del Paese, con particolare riguardo al trasporto su gomma (l’80% della mobilità), il lavoro ancora a migliaia di piccoli imprenditori (oltre 100 mila occupati).

Problemi, criticità e prospettive oggi al centro del Convegno organizzato da Faib Confesercenti a Modena alla presenza del presidente nazionale FAIB, Martino Landi e di quello locale Franco Giberti. 

“Oggi il sistema della distribuzioe di carburanti rischia di entrare ancora di più in crisi' – spiega Franco Giberti. 'Siamo di fronte ad una forte diminuzione dei consumi, di una riduzione delle marginalità che implica improduttività e incapacità di investimento. Una rete in cui si è diffusa l’illegalità, sia in termini di quantitativi dei prodotti introdotti in evasione di iva ed accise, che qualitativi (gasolio tagliato con oli combustibili esenti da imposte di fabbricazione), ma pure di regole di sistema.

Con effetti negativi su prezzi e ricavi delle imprese, incremento della concorrenza sleale e del dumping contrattuale, e una contrazione della redditività che si riflette su mancati investimenti, pure per prodotti innovativi meno inquinanti.”

E' sul fronte della contrattazione per il personale attivo nel settore, e della remunerazione dei gestori (regolata dalle leggi dello Stato (D.Lgs. 32/98; L. 57/2001; L.27/2012) che emerge un altro aspetto critico.
Mentre le grandi compagnie stanno nelle regole, l’altro 50% evade la normativa, facendo dumping contrattuale, ed abusando - secondo Faib -  della posizione economicamente dominante, imponendo contratti da schiavitù.

“In certe situazioni – afferma Martino Landi - siamo già al caporalato petrolifero. Gli effetti sulla gestione economica della rete si manifestano estromettendo forzatamente le stesse gestioni dagli impianti per far posto all’automazione, spesso mascherata con operatori precari, ricorrendo ad una contrattualistica irrituale ed illegale, con un effetto drammatico in termini di redditività e occupazione (-15.000 occupati negli ultimi cinque anni). Per rilanciare il settore ed affermare la legalità, occorre il rispetto delle regole a tutti i livelli, il riconoscimento per i gestori di un margine - necessario al sostegno del comparto - e la riduzione di costi impropri che gravano sulla gestione degli impianti. Occorre stabilire, in forza di legge, attraverso la contrattazione nazionale tra gestori e titolari di autorizzazioni (compagnie e retisti) un costo di distribuzione minimo valido erga omnes quale remunerazione del lavoro. Su cui contrattare, come avviene già il margine dei gestori per singole compagnie/retisti. per giungere, al diritto di un prezzo di vendita equo e non discriminatorio.”

Poi c'è il capitolo della cosiddetta moneta elettronica. I costi in questo caso - lamenta Faib - non possono gravare sui gestori carburanti in quanto percentualmente molto più penalizzati che gli operatori di altri settori. Un peso insostenibile per un ricavato di cui, circa il 70% (Accise ed iva) va allo stato, il restante 28% alle compagnie e solo il 2% resta nelle tasche del gestore. “Lo sviluppo di questo mezzo di pagamento deve essere collegato all’introduzione almeno del credito d’imposta che potrebbe favorire l’incentivo della moneta elettronica, come espressamente abbiamo già manifestato.”


Redazione Pressa
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La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, ..   Continua >>


 
 
 
 

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