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Se la chiusura della falla sull'argine del Panaro che il 6 dicembre ha creato l'alluvione di Nonantola è avvenuta in tempi rapidi da evitare che l'acqua invadesse anche Crevalcore (così ha dichiarato l'Assessore regionale Priolo), rimane il problema, mai posto nelle sedi istituzionali (o al quale non è mai stato risposto), di quanto abbiano pesato più di 7 ore di fuoriuscita di acqua dall'argine rotto in località Bagazzano. Soprattutto su Nonantola. Ovvero, se i lavori di riparazione della falla, pur rapidi, fossero iniziati diverse ore prima, anziché dopo 7 ore, è chiaro che la quantità di acqua fuoriuscita sarebbe stata di gran lunga inferiore. Con un impatto sicuramente ridotto su Nonantola. Un problema che va posto, perché 7 ore per intervenire su un punto del fiume che negli ultimi anni era stato interessato da diverse rotture, e comunque quasi alle porte di Modena, non sono pochi, anzi.
La tempestività dell'avvio degli interventi in emergenza sono fondamentali per evitare o ridurre disastri. Un problema che abbiamo posto all'assessore regionale alla Protezione Civile nonché Presidente di Aipo Irene Priolo che abbiamo incontrato sulla cassa di espansione del Panaro.
Il tempo intercorso tra la creazione della falla che ha fatto collassare l'argine, avvenuta presumibilmente intorno alle 6,30, e la posa del primo masso ciclopico per arginare la stessa rottura dopo il collasso, (e che per l'assessore regionale Priolo sarebbe avvenuta intorno alle 13), si può ridurre, per il futuro, in scenari simili? Perché così tanto tempo trascorso? 'Il tempo intercorso tra la creazione della falla ed il primo masso ciclopico posto per la chiusura è quello che è stato necessario per creare vie di accesso all'argine' - afferma l'Assessore.
Un punto, quello dei lavori necessari per creare o adeguare le vie di accesso, che quel giorno abbiamo documentato nella nostra diretta, dal punto della falla, dalle 11,30 alle ore 12,15. In quel lasso di tempo, sul punto della falle, come documenta la nostra diretta, eravamo solo noi e nessun intervento di riparazione era iniziato. Le ruspe, in quel momento, intorno alle 12.15, stavano operando all'altezza del viadotto Tav, proprio per realizzare e rinforzare con fondo di ghiaia il percorso e la rampa di accesso all'argine e per consentire la salita sulla stessa degli escavatori e dei camion con i massi ciclopici che sarebbero stati utilizzati da li a poco per arginare la falla. A sei ore dalla rotta sulla falla non c'era ancora nessun mezzo. 'Si tratta di un tema nuovo che dobbiamo capire come affrontare' - afferma l'Assessore Priolo che tiene a specificare quanto la celerità dei lavori di chiusura della falla, una volta iniziati abbiano inciso sulla riduzione del danno. 'Dopo siamo stati bravi e celeri al punto da evitare che l'acqua invadesse non solo Nonantola ma anche Crevalcore e S.Agata Bolognese'
Rimane poi l'altra questione, tale nonostante il buon funzionamento della cassa di espansione. Quella della fragilità degli argini del Panaro a valle della cassa. Perché è proprio lì che l'anello debole della catena si è spezzato, anche nel momento in cui la cassa di espansione riusciva a rilasciare a valle della diga quel massimo di 500 metri cubi di acqua tali da mantenere il livello del fiume con un margine di sicurezza sufficiente a non rischiare la tracimazione degli argini. In nessun punto dell'asta del fiume, dalla cassa fino al confine regionale, dopo avere attraversato Modena e l'intera bassa. Con un franco rispetto alla sommità dell'argine che al momento della rottura era di almeno un metro e mezzo. Nonostante queste condizioni di teorica sicurezza del livello del fiume, per la fragilità strutturale dell'argine che non era possibile verificare ad occhio nudo o con una normale manutenzione, l'argine si è rotto. A causa dell'infiltrazione di acqua che lo ha fatto esplodere lato campagna e collassare. Oggi la domanda è questa: è possibile sapere se e quali tratti di argine, golenali o no, sono in quelle condizioni strutturale? La risposta è sostanzialmente no. Fino ad ora la struttura interna degli argini è stata ispezionata nei singoli tratti oggetto di rialzo. Ciò è successo soprattutto sull'asta del Secchia, per l'adeguamento dopo il 2014. Per il resto, trattandosi di arginature molto vecchie, e sulle quali soprattutto nei tratti di golena è difficile ricostruire anche la genesi, non si può per ora che procedere con una osservazione ed una manutenzione esterna. Sull'interno possono aiutare le tecnologie. 'Per Modena sperimenteremo sul Tiepido i cosiddetti argini intelligenti, che consentiranno il monitoraggio delle condizioni strutturali' - afferma l'Assessore Priolo. Per il resto, ovvero per manutenzione e rinforzo servono soldi. Quelli che in parte si spera di ricevere attraverso il revovery fund, ma non solo. E su questo punto l'Assessore, che ringraziamo per la grande disponibilità concessa, è stata altrettanto chiara.