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ll nuovo aumento nel numero di contagi non va di pari passo con l'aumento del numero delle ospedalizzazioni, sia nel raffronto con i giorni scorsi e sia se raffrontiamo il dato dei ricoveri con lo scorso anno quando i ricoveri sia in regime ordinario che in terapia intensiva erano circa il doppio rispetto agli attuali. Ma a giocare un ruolo di difesa sul fronte degli effetti gravi dell'infezione oggi al vaccino si inseriscono altre variabili. Da un lato Omicron, meno invasiva e con effetti meno gravi rispetto alle altre varianti, pur più contagiosa, ha per così dire aiutato. Ma la vera svolta, confermata in ambito clinico, sarebbe ora legata alle terapie antivirali e all'utilizzo degli anticorpi monoclonali. Una conferma che arriva oggi da Giovanni Guaraldi, Direttore Clinica Metabolica a UNIMORE e infettivologo dell’AOU di Modena.
In sostanza, il quadro odierno quanto meno dei ricoveri ordinari, ovvero non in terapia intensiva, è strutturalmente diverso rispetto a quello di un anno fa. Un altro dato a conferma. Aumenta sempre più sfiorando ed in alcuni momenti superando il 50, la percentuale dei soggetti ricoverati negli ospidali modenesi ufficialmente per Covid, ma che sono registrati tali solo perché risultati positivi al tampone di ingresso. In sostanza non a causa del Covid ma per altre patologie o fattori ai quali il covid si è aggiunto ma non come causa prevalente.
Ad oggi, sono presenti in Azienda 62 pazienti con riscontro di tampone positivo di cui: 56 ricoverati in degenza ordinaria (di questi, 39 sono al Policlinico, 17 a Baggiovara), 4 in terapia semintensiva (tutti al Policlinico) e 2 in terapia intensiva (1 al Policlinico, 1 a Baggiovara).
Se confrontiamo il dato di oggi con quello di venerdì scorso, 18 marzo, notiamo una sostanziale stabilità.
Un anno fa, 25 marzo 2021, i ricoverati erano 337 totali, dei quali 259 in ordinaria e 78 tra intensiva e semi intensiva.
Prosegue quindi il netto calo dei ricoveri anche in rapporto con lo stesso periodo dello scorso anno.
Ricoveri covid: per quasi la metà il covid non è causa ma concausa
Circa 56% dei pazienti è ricoverato per le conseguenze del Covid-19, mentre il restante 44% per altre patologie, con riscontro occasionale di tampone positivo. La percentuale è diversa in Terapia intensiva e semintensiva dove ad oggi l’83% dei pazienti positivi è ricoverato per complicanze cliniche da malattia COVID-19.
L’età media dei pazienti ricoverati per le conseguenze del Covid-19 è 67,5 anni, che scende a 48 per coloro che non hanno completato il ciclo vaccinale e sale a 79 per i vaccinati.
Il 38% dei pazienti ricoverati per le conseguenze del Covid-19 non è vaccinato. In terapia intensiva e semintensiva – sempre limitandoci ai pazienti ricoverati per le conseguenze Covid-19 – l’80% non è vaccinato.
Sui dati e sulla situazione in atto risponde Giovanni Guaraldi, Direttore Clinica Metabolica a UNIMORE e infettivologo dell’AOU di Modena
Aumento di contagi e di ricoveri: cause? Possibili scenari a breve e medio termine
I dati epidemiologici devono tenere conto di molteplici fattori, tra cui il cambiamento delle indicazioni a sottoporsi ai test (anche in soggetti asintomatici) e un maggior accesso ai test antigenici. Cambiano anche le caratteristiche biologiche delle varianti virali. Omicron è maggiormente contagiosa ma meno virulente. In Italia i ricoveri non sono in aumento.
C’è differenza dai pazienti che vedete ora rispetto a quelli dei mesi scorsi?
Le caratteristiche cliniche dei pazienti ricoverato sono molto diverse rispetto al passato. La maggior parte dei pazienti sono ricoverati per altre patologie e il COVID è una concausa. Nei pazienti vaccinati è infrequente la polmonite severa da COVID. Ricoveriamo anche molti pazienti che devono avere accesso a cure mediche e chirurgiche che hanno il CPOVID come morbosità e non come principale patologia.
Riusciamo a non ricoverare tanti pazienti grazie all’accesso alle terapie antivirali e agli anticorpi monoclonali.
Rispetto alla quarta dose, che indicazioni ci sono per ora in letteratura?
Abbiamo short report che danno indicazione alla 4 dose in caso di immunodeficit (trapiantati, HIV, pazienti con terapie oncologiche). Ci si aspetta che in queste categorie fragili la perdita degli anticorpi protettivi sia più rapida rispetto alla popolazione generale.
Il 31.3 finisce lo stato di emergenza: cosa si sente di dire ai cittadini.
Prudenza perché esistono tanti pazienti con vulnerabilità. Dobbiamo proteggere i pazienti vulnerabili e i pazienti non responder ai vaccini.
Cos’è il long covid, che percentuale di pazienti colpisce, cosa si può fare, e se vi sono già comparazioni tra long covid in non vaccinati e in vaccinati.
Abbiamo valutato 1000 pazienti con long COVID – Post Acute COVID Syndrome. Per alcuni di loro i cluster sintomatologici, soprattutto muscolari e neurocognitivi rimangono a distanza di oltre due anni dall’infezione. Anche in questo caso la condizione clinica dei PACS è cambiata nelle varie ondate/varianti epidemiche. Indubbiamente la condizione di PACS è meno frequente nei soggetti che hanno avuto il COVID diapo avere eseguito la vaccinazione. L’AOU ha un percorso polispecialistico centrato sul paziente per la gestione dei pazienti con PACS.
Gianni Galeotti
Nato a Modena nel 1969, svolge la professione di giornalista dal 1995. E’ stato direttore di Telemodena, giornalista radiofonico (Modena Radio City, corrispondente Radio 24) e consiglie.. Continua >>